Ho visto in faccia la mia follia. L’abominio della frammentazione. L’eco di un essere che non c’è più… In un sogno, la sua disgregazione.
Di su una vetta, erema scalzi la voce di Dio nel volto degli altri. Tra gli ulivi
Voltati, la stella che ammiravi un tempo non porta più il tuo nome. Il tuo odio l’ha oscurata, l’ingratitudine
Ci sono stronzi ovunque: a destra, al centro e a sinistra. Poi, altrove e tra loro, ci sono i fiori che sbocciano. Quando fate il salto...
Primavera, fa’ che tra le fragole non giunga altra stagione, allontana il bianco inverno le sue cime, il suo bastone.
Dotti, politici, badanti. Come mignotte austere,
Le mie scelte, non le rimpiango. Se le ho prese, era per una ragione.
Corrono le biglie, tra i castelli di sabbia e sale e le gabbianelle ora si librano,
Non ci saranno prediche, Né più sermoni, Su ciò che ha afflitto Noi, Uomini nuovi.
Poiché dolcezza e ira sono conseguenza della disobbedienza, e la disobbedienza, dell’ingiustizia
E fiumi più non odo di gente alcuna. Solo miseria che non vive e spare
Tigre! Tra foreste di mangrovie il tuo sguardo inquieto s’affanna.. Silente.
Al dio degli uomini non posso dire dei buchi, dei solchi scavati
Là dove il calcolo sogna e incontra la bellezza, nasce il genio.
Sublimo la mia esistenza tra cocci di vetro malandati. Eremo di una matita: immagini, ricordi frastagliati. Scrivo, cosi non odo