Eugenio Montale (Genova, 12 ottobre 1896 – Milano, 12 settembre 1981) è stato un poeta e scrittore italiano, premio Nobel per la letteratura nel 1975.
Biografia
Anni giovanili
Eugenio Montale nacque a Genova, in un palazzo dell’attuale corso Dogali, nella zona soprastante Principe, il 12 ottobre 1896, ultimo dei cinque figli di Domenico Montale e Giuseppina Ricci, esponenti della media borghesia genovese. Il padre era comproprietario di una ditta di prodotti chimici, la società G. G. Montale & C., tra l’altro fornitrice di Veneziani S.p.A., azienda presso cui era impiegato Italo Svevo.
Crescita
Inizia gli studi all’istituto “Vittorino Da Feltre” di Via Maragliano gestito dai Barnabiti (rettore è padre Rodolfo Trabattoni, vice rettore padre Giovanni Semeria). Il 21 maggio riceve la cresima. Sebbene per lui vengano preferiti, a causa della sua salute precaria, i più brevi studi tecnici in luogo di quelli classici e venga dunque iscritto nel 1915 all’istituto tecnico commerciale “Vittorio Emanuele”, dove si diplomerà in ragioneria, il giovane Montale ha la possibilità di coltivare i propri interessi prevalentemente letterari, frequentando le biblioteche cittadine e assistendo alle lezioni private di filosofia della sorella Marianna, iscritta a Lettere e Filosofia.
La sua formazione è dunque quella tipica dell’autodidatta, che scopre interessi e vocazione attraverso un percorso libero da condizionamenti. Letteratura (Dante, Petrarca, Boccaccio e D’Annunzio su tutti, autori che lo stesso Montale affermerà di avere “attraversato”) e lingue straniere sono il terreno in cui getta le prime radici, la sua formazione e il suo immaginario, assieme al panorama, ancora intatto, della Riviera ligure di Levante: Monterosso al Mare e le Cinque Terre, dove la famiglia trascorre le vacanze. «Scabri ed essenziali», come egli definì la sua stessa terra, gli anni della giovinezza delimitano in Montale una visione del mondo in cui prevalgono i sentimenti privati e l’osservazione profonda e minuziosa delle poche cose che lo circondano – la natura mediterranea e le donne della famiglia.
Ma quel “piccolo mondo” è sorretto intellettualmente da una vena linguistica nutrita di queste lunghe letture, finalizzate soprattutto al piacere della conoscenza e della scoperta. In questo periodo di formazione Montale coltiva inoltre la passione per il canto, studiando dal 1915 al 1923 con l’ex baritono Ernesto Sivori, esperienza che lascia in lui un vivo interesse per la musica, anche se non si esibirà mai in pubblico. Riceverà comunque già nel 1942 dediche da Tommaso Landolfi, fondatore con altri della rivista Letteratura.
Grande Guerra e avvento del Fascismo
Nell’anno 1917, dopo quattro visite mediche, è dichiarato idoneo al servizio militare, a settembre è arruolato nel 23º fanteria a Novara, frequenta a Parma il corso allievi ufficiali di complemento ottenendo il grado di sottotenente di fanteria e chiede di essere inviato al fronte. Dall’aprile 1917 combatte in Vallarsa, inquadrato nei “Leoni di Liguria” del 158º Reggimento fanteria ed il 3 novembre 1918 conclude l’esperienza combattente entrando a Rovereto. In seguito fu trasferito a Chienes, poi al campo di reduci di guerra dell’Eremo di Lanzo e, infine, fu congedato con il grado di tenente all’inizio del 1920.
Negli anni tra il 1919 e il 1923 conosce a Monterosso Anna degli Uberti (1904-1959), protagonista femminile in un insieme di poesie montaliane, trasversali nelle varie opere, note come “ciclo di Arletta” (chiamata anche Annetta o capinera). Nel 1924 conosce la giovane di origine peruviana Paola “Edda” Nicoli, anch’ella presente negli Ossi di seppia e ne Le occasioni. È il momento dell’affermazione del fascismo, dal quale Montale prende subito le distanze sottoscrivendo nel 1925 il Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce. Il suo antifascismo ha una dimensione non tanto politica quanto culturale: esso si nutre di un disagio esistenziale e di un sentimento di malessere nei confronti della civiltà moderna tout court. È un antifascismo aristocratico e snobistico. Montale vive questo periodo nella “reclusione” della provincia ligure, che gli ispira una visione profondamente negativa della vita. Il suo pessimismo non essendo immediatamente riconducibile alla politica sopravvive anche dopo l’avvento della democrazia: è evidente ne La bufera e altro nel suo non riconoscersi nei due partiti di massa (DC e PCI) e nella società dei consumi.
Soggiorno a Firenze
Montale giunge a Firenze nel 1927 per il lavoro di redattore ottenuto presso l’editore Bemporad. Nel capoluogo toscano gli anni precedenti erano stati decisivi per la nascita della poesia italiana moderna, soprattutto grazie alle aperture della cultura fiorentina nei confronti di tutto ciò che accadeva in Europa: le Edizioni de La Voce; i Canti Orfici di Dino Campana (1914); le prime liriche di Ungaretti per Lacerba; e l’accoglienza di poeti come Vincenzo Cardarelli e Umberto Saba.
Montale, dopo l’edizione degli Ossi del 1925, nel 1929 è chiamato a dirigere il Gabinetto scientifico letterario G. P. Vieusseux. Curiosamente, come ricordava lo stesso Montale, fu inserito in una lista di possibili candidati da Paolo Emilio Pavolini e venne scelto dall’allora podestà fiorentino Giuseppe Della Gherardesca, essendo l’unico non iscritto al Partito Fascista. Dieci anni più tardi, per l’identico motivo, Montale venne esonerato dall’incarico, dopo che per 18 mesi gli era stato sospeso lo stipendio, nel tentativo di “incoraggiarlo” ad iscriversi al PNF.In quegli anni collabora alla rivista Solaria, frequenta i ritrovi letterari del caffè Le Giubbe Rosse conoscendovi Carlo Emilio Gadda, Tommaso Landolfi e Elio Vittorini, e scrive per quasi tutte le nuove riviste letterarie che nascono e muoiono in quegli anni di ricerca poetica. In questo contesto prova anche l’arte pittorica imparando dal Maestro Elio Romano l’impasto dei colori e l’uso dei pennelli. Nel '29 è ospite nella casa di Drusilla Tanzi (che aveva conosciuto nel '27) e del marito, lo storico d’arte Matteo Marangoni, casa dove due anni prima gli avevano presentato anche Gerti Frankl.
La vita a Firenze però si trascina per il poeta tra incertezze economiche e complicati rapporti sentimentali; nel 1933 conosce l’italianista americana Irma Brandeis, con cui avvia una quinquennale storia d’amore, cantandola con il nome di Clizia in molte poesie confluite ne Le occasioni. Legge molto Dante e Svevo, e i classici americani. Fino al 1948, l’anno del trasferimento a Milano, egli pubblica Le occasioni e le prime liriche di quelle che formeranno La bufera e altro (che uscirà nel 1956). Montale, che non si era iscritto al Partito fascista e dopo il delitto di Giacomo Matteotti era stato firmatario del manifesto crociano, prova subito dopo la guerra ad iscriversi al Partito d’azione, ma ne esce pochissimo tempo dopo.
Soggiorno a Milano
Montale trascorre l’ultima parte della sua vita (dal 1948 alla morte) a Milano. Diventa redattore del Corriere della Sera e critico musicale per il “Corriere d’informazione”. Scrive inoltre reportage culturali da vari Paesi (fra cui il Medio Oriente, visitato in occasione del pellegrinaggio di Papa Paolo VI in Terra Santa). Scrive altresì di letteratura anglo-americana per la terza pagina, avvalendosi anche della collaborazione dell’amico americano Henry Furst, il quale gli invia molti articoli su autori e argomenti da lui stesso richiesti. La vicenda venne rivelata da Mario Soldati nel racconto “Due amici” (Montale e Furst) nel volume Rami secchi (Rizzoli 1989) e soprattutto da Marcello Staglieno, con la pubblicazione su una terza pagina de il Giornale diretto da Indro Montanelli di alcune delle lettere inedite di Montale all’amico. Nel 1956, oltre a La bufera esce anche la raccolta di prose Farfalla di Dinard. Amava anche collaborare con vari artisti ed è il caso ad esempio di Renzo Sommaruga, scultore e artista figurativo, di cui nel 1957 scrisse la presentazione della sua personale parigina e che si può trovare nel Secondo Mestiere.
Il 23 luglio 1962 sposa Drusilla Tanzi, con cui conviveva dal 1939, di dieci anni più anziana di lui, con rito religioso a Montereggi, presso Fiesole; il rito civile viene celebrato a Firenze il 30 aprile 1963 (Matteo Marangoni, primo marito di lei, era morto nel 1958), la quale morirà tuttavia a Milano il 20 ottobre dello stesso anno all’età di 77 anni. La salute di Drusilla si era rapidamente deteriorata, per la frattura di un femore in seguito a una caduta accidentale nell’agosto di quell’anno.
Nel 1969 viene pubblicata un’antologia dei reportage di Montale, intitolata Fuori di casa, in richiamo al tema del viaggio. Il mondo di Montale, tuttavia, risiede in particolare nella “trasognata solitudine”, come la definisce Angelo Marchese, del suo appartamento milanese di via Bigli, dove viene amorevolmente assistito, alla morte di Drusilla, da Gina Tiossi.
Ultimi anni
Le ultime raccolte di versi, Xenia (1966, dedicata alla moglie Drusilla Tanzi, morta nel 1963), Satura (1971) e Diario del '71 e del '72 (1973), testimoniano in modo definitivo il distacco del poeta – ironico e mai amaro – dalla Vita con la maiuscola: «pensai presto, e ancora penso, che l’arte sia la forma di vita di chi veramente non vive: un compenso o un surrogato» (Montale, Intenzioni. Intervista immaginaria, Milano 1976). Sempre nel 1966 Montale pubblicò i saggi Auto da fé, una lucida riflessione sulle trasformazioni culturali in corso.
Anche se poeta trasognato e “dimesso”, è anche stato oggetto di riconoscimenti ufficiali: lauree honoris causa (Università di Milano nel 1961, Università di Cambridge 1967, La Sapienza 1974). Fu nominato senatore a vita il 13 giugno 1967 dal presidente della Repubblica Giuseppe Saragat per i meriti in campo letterario, aderendo al gruppo del PLI e poi a quello del PRI.Nel pieno del dibattito civile sulla necessità dell’impegno politico degli intellettuali, Montale continuò ad essere un poeta molto letto in Italia.
Nel 1975 ricevette il Premio Nobel per la letteratura «per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni»..
Nel 1976 scrisse il commiato funebre al suo collega defunto, il salernitano Alfonso Gatto. L’anno seguente gli fu chiesto se, una volta sorteggiato, avrebbe accettato di fare il giurato in un processo contro le Brigate Rosse: “Credo di no”, rispose l’anziano poeta, "sono un uomo come gli altri e non si può chiedere a nessuno di fare l’eroe".Eugenio Montale morì a Milano la sera del 12 settembre 1981, un mese prima di compiere 85 anni, nella clinica San Pio X dove si trovava ricoverato per problemi derivati da una vasculopatia cerebrale. I funerali di Stato furono celebrati due giorni dopo nel Duomo di Milano dall’allora arcivescovo della diocesi Carlo Maria Martini. Venne sepolto nel cimitero accanto alla chiesa di San Felice a Ema, sobborgo nella periferia sud di Firenze, accanto alla moglie Drusilla. Nella seduta del successivo 8 ottobre, il Senato commemorò la figura di Montale, attraverso i discorsi del presidente Amintore Fanfani e del presidente del Consiglio Giovanni Spadolini.
Le opere
* Le raccolte di versi contengono la storia della sua poesia:
* Ossi di seppia, Torino, Gobetti, 1925.
* La casa dei doganieri e altri versi, Firenze, Vallecchi, 1932.
* Poesie, Firenze, Parenti, 1938.
* Le occasioni, Torino, Einaudi, 1939.
* Finisterre. Versi del 1940-42, Lugano, Collana di Lugano, 1943.
* Quaderno di traduzioni, Milano, Edizioni della Meridiana, 1948.
* La bufera e altro, Venezia, Neri Pozza, 1956.
* Farfalla di Dinard, Venezia, Neri Pozza, 1956.
* Xenia. 1964-1966, San Severino Marche, Bellabarba, 1966.
* Auto da fé. Cronache in due tempi, Milano, Il Saggiatore, 1966.
Fuori di casa, Milano-Napoli, Ricciardi, 1969; Collana SIS, Mondadori, 1973; Oscar Moderni, Mondadori, 2017. [40 prose di viaggi apparse originariamente sul Corriere della Sera e sul Corriere d’Informazione fra il 1946 e il 1964]
* Satura. 1962-1970, Milano, A. Mondadori, 1971.
* Nel nostro tempo, Milano, Rizzoli, 1972.
* Diario del '71 e del '72, Milano, A. Mondadori, 1973.
* Sulla poesia, Milano, A. Mondadori, 1976.
* Quaderno di quattro anni, Milano, A. Mondadori, 1977.
* Altri versi e poesie disperse, Milano, A. Mondadori, 1981.
* Diario postumo. Prima parte: 30 poesie, Milano, A. Mondadori, 1991. ISBN 88-04-34169-6.
* Diario postumo. 66 poesie e altre, Milano, A. Mondadori, 1996. ISBN 88-04-41032-9. [sul testo, pubblicato postumo, alcuni studiosi hanno manifestato il dubbio di non autenticità
Ossi di Seppia
Il primo momento della poesia di Montale rappresenta l’affermazione del motivo lirico. Montale, in Ossi di seppia (1925) edito da Piero Gobetti, afferma l’impossibilità di dare una risposta all’esistenza: in una delle liriche, Non chiederci la parola, egli afferma che è possibile dire solo "ciò che non siamo, ciò che non vogliamo", sottolineando la negatività della condizione esistenziale. Lo stesso titolo dell’opera designa l’esistenza umana, logorata dalla natura, e ormai ridotta ad un oggetto inanimato, privo di vita. Gli ossi di seppia sono una metafora che serve a descrivere l’uomo, che con l’età adulta viene allontanato dalla felicità della giovinezza e abbandonato, al dolore, sulla terra come un inutile osso di seppia. Gli ossi di seppia sono, infatti, gli endoscheletri delle seppie rilasciati sulla spiaggia dalle onde del mare, quindi, presenze inaridite e ridotte al minimo, che simboleggiano la poetica di Montale scabra ed essenziale.
In tal modo Montale capovolge l’atteggiamento fondamentale più consueto della poesia: il poeta non può trovare e dare risposte o certezze; sul destino dell’uomo incombe quella che il poeta, nella lirica Spesso il male di vivere ho incontrato, definisce “Divina Indifferenza”, ciò che mostra una partecipazione emotiva del tutto distaccata rispetto all’uomo. In un certo senso, si potrebbe affermare che tale “Divina indifferenza” è l’esatto contrario della “Provvidenza divina” manzoniana. La prima raccolta di Montale uscì nel giugno del 1925 e comprende poesie scritte tra il 1916 e il 1925. Il libro si presenta diviso in quattro sezioni, a loro volta organizzate al loro interno: Movimenti, Ossi di seppia, Mediterraneo, Meriggi ed ombre; a questi fanno da cornice una introduzione (In limine) e una conclusione (Riviere).
Il titolo della raccolta vuole evocare i relitti che il mare abbandona sulla spiaggia, come gli ossi di seppia che le onde portano a riva; qualcosa di simile sono le sue poesie: in un’epoca che non permette più ai poeti di lanciare messaggi, di fornire un’interpretazione compiuta della vita e dell’uomo, le poesie sono frammenti di un discorso che resta sottinteso e approdano alla riva del mare come per caso, frutto di momentanee illuminazioni. Le poesie di questa raccolta traggono lo spunto iniziale da una situazione, da un episodio della vita del poeta, da un paesaggio, come quello della Liguria, per esprimere temi più generali: la rottura tra individuo e mondo, la difficoltà di conciliare la vita con il bisogno di verità, la consapevolezza della precarietà della condizione umana. Si affollano in queste poesie oggetti, presenze anche molto dimesse che non compaiono solitamente nel linguaggio dei poeti, alle quali Montale affida, in toni sommessi, la sua analisi negativa del presente ma anche la non rassegnazione, l’attesa di un miracolo.
L’emarginazione sociale a cui era condannata la classe di appartenenza, colta e liberale, della famiglia, acuisce comunque nel poeta la percezione del mondo, la capacità di penetrare nelle impressioni che sorgono dalla presenza dei paesaggi naturali: la solitudine da “reclusione” interiore genera il colloquio con le cose, quelle della riviera ligure, o del mare. Una natura “scarna, scabra, allucinante”, e un “mare fermentante” dal richiamo ipnotico, proprio del paesaggio mediterraneo. Il manoscritto autografo di Ossi di seppia è conservato presso il Fondo Manoscritti dell’Università di Pavia.
Le occasioni
In Le occasioni (1939) la poesia è fatta di simbolo di analogia, di enunciazioni lontane dall’abbandono dei poeti ottocenteschi. Il mondo poetico di Montale appare desolato, oscuro, dolente, privo di speranza; infatti, tutto ciò che circonda il poeta è guardato con pietà e con misurata compassione. Simbolica la data di pubblicazione, 14 ottobre 1939, poco dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale. Il fascicolo di poesie è dedicato a una misteriosa I.B, iniziali della poetessa e dantista americana Irma Brandeis, di origini ebraiche e perciò costretta a rimpatriare dopo la promulgazione delle leggi razziali.
La memoria è sollecitata da alcune “occasioni” di richiamo, in particolare si delineano figure femminili, per esempio la fanciulla conosciuta in vacanza a Monterosso, Annetta-Arletta (già presente negli Ossi), oppure Dora Markus, della omonima poesia: sono nuove “Beatrici” a cui il poeta affida la propria speranza. La figura della donna, soprattutto Clizia (senhal di Irma), viene perseguita da Montale attraverso un’idea lirica della donna-angelo, messaggera divina. I tratti che servono per descriverla sono rarissimi, ed il desiderio è interamente una visione dell’amore fortemente idealizzata, che non si traduce necessariamente in realtà.
Nel contempo il linguaggio si fa meno penetrabile e i messaggi sono sottintesi, e anche se non di un ermetismo irrazionale, espressione di una sua personale tensione razionale e sentimentale. In Le occasioni la frase divenne più libera e la riflessione filosofica, molto presente nella poesia di Montale, diviene più vigorosa. Il poeta indaga le ragioni della vita, l’idea della morte, l’impossibilità di dare una spiegazione valida all’esistenza, lo scorrere inesorabile del tempo (Non recidere, forbice, quel volto).
La bufera e altro
Sono componimenti riguardanti temi di guerra e di dolore pubblicati nel 1956. Nel poeta ligure confluiscono quegli spiriti della “crisi” che la reazione anti-dannunziana aveva generato fin dai Crepuscolari: tutto ciò che era stato scritto con vena ribelle nel brulicante mondo poetico italiano tra le due guerre, in lui diventa possibilità di scoprire altre ragioni per essere poeti. Per quanto riguarda l’engagement tipico di quegli anni, non ce n’è alcuna traccia.
Xenia e Satura
Negli ultimi anni Montale approfondì la propria filosofia di vita, quasi temesse di non avere abbastanza tempo “per dire tutto” (quasi una sensazione di vicinanza della morte); Xenia (1966) è una raccolta di poesie dedicate alla propria moglie defunta, Drusilla Tanzi, amorevolmente soprannominata “Mosca” per le spesse lenti degli occhiali da vista. Il titolo richiama xenia, che nell’antica Grecia erano i doni fatti all’ospite, e che ora dunque costituirebbero il dono alla propria moglie.
Le poesie di Xenia furono pubblicate insieme alla raccolta Satura, con il titolo complessivo Satura, nel gennaio 1971. «Con questo libro– scrive Marco Forti nel risvolto di copertina dell’edizione Mondadori– Montale ha sciolto il gran gelo speculativo e riepilogativo della Bufera e ha ritrovato, semmai, la varietà e la frondosità, la molteplicità timbrica, lo scatto dell’impennata lirica e insieme la “prosa” che, già negli Ossi di seppia, costituirono la sua sorprendente novità.»
Riferimenti
Wikipedia – https://it.wikipedia.org/wiki/Eugenio_Montale