Se così io mi rivelassi, tanto fragile da non piacere più ad alcuno e mi accorgessi
Libertà, diritti, catene, oppressi fardelli e anime “ubriache”.
Voltati, la stella che ammiravi un tempo non porta più il tuo nome. Il tuo odio l’ha oscurata, l’ingratitudine
Desideri senza pretese ci han forgiati. Seduti, su un altare di gradini
Ho visto in faccia la mia follia. L’abominio della frammentazione. L’eco di un essere che non c’è più… In un sogno, la sua disgregazione.
Dieci piccoli indiani andarono al parco, uno rimase appeso, ancorato nel fango.
Se togli tutto ad un uomo inevitabilmente, diverrà, un dittatore! Prima di tutto verso se stesso.
Ci sono stronzi ovunque: a destra, al centro e a sinistra. Poi, altrove e tra loro, ci sono i fiori che sbocciano. Quando fate il salto...
Caro, piccolo insetto, nel giorno scarno, piena crisalide, bozzolo salvo. Ti sarà donato
Sublimo la mia esistenza tra cocci di vetro malandati. Eremo di una matita: immagini, ricordi frastagliati. Scrivo, cosi non odo
Dotti, politici, badanti. Come mignotte austere,
Fuggi o speranza che mi grava che mi opprime. Fuggi,
T’amo, e più non odo le mie parole. Sol delle tue, ora m’è colmo
I matti stelle cadenti sulla riva, sul bordo tutto in salita della normalità.
Le mie scelte, non le rimpiango. Se le ho prese, era per una ragione.