Il gatto gioca, con le cicale, Il sole spiana vecchie zanzare. Sale il giorno
La neve stende dal porticato, le mani si sfregano rubando il fiato; viene l’inverno la sua coperta bianca,
Cupido! Un dardo ancora, unico, solo, per confonder la bestia
Siamo polli, galline in batteria, uova negate, mai nati. Quando negato
Ingegnere, Idraulico, Mercante. Soffri d’amor, Ne ebbe
Ascolto, storie brevi alla radio, ti penso e mi ripenso. Scrivo i caratteri della mia vita.
Salta la trota, tra le rive, la sua calla. La ginestra gemma, l’eliodoro,
Se così io mi rivelassi, tanto fragile da non piacere più ad alcuno e mi accorgessi
Corrono le biglie, tra i castelli di sabbia e sale e le gabbianelle ora si librano,
Portami il girasole, affinchè io lo trapianti, tra le memorie dimenticate di queste corti d’amanti. Portami l’affetto
M’é caro il posto dove vivo, dove ho vissuto, li, chi vi ho incontrato. É la radice di un albero, il fusto,
Lo senti, è il canto dei campanili, delle mie incertezze, onda, dei tuoi sospiri. È il fuggir grave,
Travagliata pietra gravida di terrore e rabbia, a chi ti rivolgi in questa notte scura?
È vero, sono come il fuoco che accende le timide lampare, come la maschera di un carnevale.
Volgo a te, come Orfeo volse ad Euridice. Occhi di pernice. È tuo lo sguardo