Se così io mi rivelassi, tanto fragile da non piacere più ad alcuno e mi accorgessi
Dieci piccoli indiani andarono al parco, uno rimase appeso, ancorato nel fango.
Sublimo la mia esistenza tra cocci di vetro malandati. Eremo di una matita: immagini, ricordi frastagliati. Scrivo, cosi non odo
Forse non tutti sanno che... Ti droghi!
Si è a barattar l’amore Col vino in un cestello Che erotico già affonda Nel tuo mai triste e bello. La musica è finita
Adesso so dove il mio nome alberga. È nei suoi occhi, tra le conserte braccia,
Libertà, diritti, catene, oppressi fardelli e anime “ubriache”.
Voltati, la stella che ammiravi un tempo non porta più il tuo nome. Il tuo odio l’ha oscurata, l’ingratitudine
Ti ho atteso in questi tre anni ogni, santo, giorno.
Ieri, toccavo il cielo con un dito. Non era per superbia, per vanità o altro.
Ho imparato che rivalsa e vendetta non colmano quel vaso vuoto che è il dolore.
Le mie scelte, non le rimpiango. Se le ho prese, era per una ragione.
Caro, piccolo insetto, nel giorno scarno, piena crisalide, bozzolo salvo. Ti sarà donato
Poiché dolcezza e ira sono conseguenza della disobbedienza, e la disobbedienza, dell’ingiustizia
T’amo, e più non odo le mie parole. Sol delle tue, ora m’è colmo