Là dove il calcolo sogna e incontra la bellezza, nasce il genio.
Primavera, fa’ che tra le fragole non giunga altra stagione, allontana il bianco inverno le sue cime, il suo bastone.
Un bacio ancora e ti vorrei tra le mie gambe nude. Ad ascoltare, sentire,
Libertà, diritti, catene, oppressi fardelli e anime “ubriache”.
Quanti lustri ci separano, da ciò che eri e ciò ch’è stato. Dai ricordi di un bambino, da rincorse a perdi fiato. Dalla scuola e le sue madri,
Dotti, politici, badanti. Come mignotte austere,
Ho conosciuto donne poco serie, prive di "dignità". Eppure,
Io, sono avanguardia. Non mi interessa la contestazione.
E fiumi più non odo di gente alcuna. Solo miseria che non vive e spare
I matti stelle cadenti sulla riva, sul bordo tutto in salita della normalità.
Portami il girasole, affinchè io lo trapianti, tra le memorie dimenticate di queste corti d’amanti. Portami l’affetto
La verità non è un tempio, è una danza che muta tra colonne di alabastro. Si piega, balza su è giù, avanti e indietro, mutando.
Dieci piccoli indiani andarono al parco, uno rimase appeso, ancorato nel fango.
Sai, mi ricordo una panchina nascosta nella mente mia. Lì mi abbracciavi e tutto intorno a noi
Se così io mi rivelassi, tanto fragile da non piacere più ad alcuno e mi accorgessi