Ascolto, storie brevi alla radio, ti penso e mi ripenso. Scrivo i caratteri della mia vita.
Ho sentito denigrare la farfalla ed il lombrico in un torrente impetuoso. Insulti, spegnersi in stagni d’acqua chiara.
Ieri, toccavo il cielo con un dito. Non era per superbia, per vanità o altro.
Se così io mi rivelassi, tanto fragile da non piacere più ad alcuno e mi accorgessi
Chiedo venia di un amore. Chiedo scusa, chiedo venia al sole. Chè la luna,
Fiocchi di membra, ossi spezzati e vitelli mai nati.
Piccola colomba che attendi i semi, del tuo, del mio destino, per divorarli in un sol e unico modo.
Potrei, stringerti forte e nulla varrebbe lo spazio tra le dita fino alla morte. Più non vedrei
Ho visto una fata dal cuore gentil… nel grembo portava i color dell’ap… Il rosso, di lacrime e sangue, il nero come tana d’amante. L’azzurro, il verde,
Non ci saranno prediche, Né più sermoni, Su ciò che ha afflitto Noi, Uomini nuovi.
Voltati, la stella che ammiravi un tempo non porta più il tuo nome. Il tuo odio l’ha oscurata, l’ingratitudine
Non fermarti o morte, c’è posto per entrambi, sul sentiero, tra gli alberi. Li, io
Ti ho atteso in questi tre anni ogni, santo, giorno.
Donerò l’anima, la donerò alle stelle, in una notte di inchiostro di nuvole belle. La donerò col senno
Il sole attende, tra nuvole di sabbia e sale, l’estate gravida di questo mare.