Nude, le braccia di segreti sazie,
A nuoto hanno del Lete svolto il fondo,
Adagio sciolto le veementi grazie
E le stanchezze onde luce fu il mondo.
Nulla è muto più della strana strada
Dove foglia non nasce o cade o sverna,
Dove nessuna cosa pena o aggrada,
Dove la veglia mai, mai il sonno alterna.
Tutto si sporse poi, entro trasparenze,
Nell’ora credula, quando, la quiete
Stanca, da dissepolte arborescenze
Riestesasi misura delle mete,
Estenuandosi in iridi echi, amore
Dall’aereo greto trasalì sorpreso
Roseo facendo il buio e, in quel colore,
Più d’ogni vita un arco, il sonno, teso.
Preda dell’impalpabile propagine
Di muri, eterni dei minuti eredi,
Sempre ci esclude più la prima immagine
Ma, a lampi, rompe il gelo e riconquide.
Più sfugga vera, l’ossessiva mira,
E sia bella, più tocca a nudo calma
E, germe, appena schietta idea, d’ira,
Rifreme, avversa al nulla, in breve salma.
Rivi indovina, suscita la palma:
Dita dedale svela, se sospira.
Prepari gli attimi con cruda lama,
Devasti, carceri, con vaga lama,
Desoli gli animi con sorda lama,
Non distrarrò da lei mai l’occhio fisso
sebbene, orribile da spoglio abisso,
Non si conosca forma che da fama.
E se, tuttora fuoco d’avventura,
Tornati gli attimi da angoscia a brama,
D’Itaca varco le fuggenti mura,
So, ultima metamorfosi all’aurora,
Oramai so che il filo della trama
Umana, pare rompersi in quell’ora.
Nulla più nuovo parve della strada
Dove lo spazio mai non si degrada
Per la luce o per tenebra, o altro tempo.