Giuseppe Ungaretti

I fiumi

Mi tengo a quest’Albero mutilato
abbandonato in questa dolina
che ha il languore
di un circo
prima o dopo lo spettacolo
e guardo
il passaggio quieto
delle nuvole sulla luna
 
Stamani mi sono disteso
in un’urna d’acqua
e come una reliquia
ho riposato
 
L’Isonzo scorrendo
mi levigava
come un suo sasso
 
Ho tirato su
le mie quattr’ossa
e me ne sono andato
come un acrobata
sull’acqua
 
Mi sono accoccolato
vicino ai miei panni
sudici di guerra
e come un beduino
mi sono chinato a ricevere
il sole
 
Questo è l’Isonzo
e qui meglio
mi sono riconosciuto
una docile fibra
dell’universo
 
Il mio supplizio
è quando
non mi credo
in armonia
 
Ma quelle occulte
mani
che m’intridono
mi regalano la rara
felicità
 
Ho ripassato
le epoche
della mia vita
 
Questi sono
i miei fiumi
 
Questo è il Serchio
al quale hanno attinto
duemil’anni forse
di gente mia campagnola
e mio padre e mia madre
 
Questo è il Nilo
che mi ha visto
nascere e crescere
e ardere d’inconsapevolezza
nelle estese pianure
 
Questa è la Senna
e in quel suo torbido
mi sono rimescolato
e mi sono conosciuto
 
Questi sono i miei fiumi
contati nell’Isonzo
 
Questa è la mia nostalgia
che in ognuno
mi traspare
ora ch’è notte
che la mia vita mi pare
una corolla
di tenebre

Cotici il 16 agosto 1916

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