Corollati d’inerti gambi
dilavano smunti tegolati,
dal cielo semibuio
straripano, bocconi,
reiterati nembi
su liste di amaranti.
Forcuti balestrucci
modellano nidi di fango
su casupole dipinte,
si screpola sulla muraglia
il lungo stecco oltre gli ulivi,
la vena di lumìe;
da ciurli di crocchi giungono
spiri di branchie,
edaci fondali grovigliano centauri,
infuria l’acquazzo in allagate dighe
dove sigizia nei fiumi in secca
la stria d’invasi, colmi di chiocciole nell’erba.
Assiso al bugno sulle altane,
fittile tentenna un miraggio di cerini,
scoscendono nel calastrino
ombrelliferi puntali.
Zigano umanati venti
nella raguna di supine lune,
di abrasi barcherecci,
nella coda dell’occhio
d’irenici lauri si risveglia
la giunzione planetaria.