Paolo Maccallini

La retta e il punto

Avevi dieci anni in vacanza
con i tuoi tu di me non ti ricordi
ma ero lì in Egitto di passaggio
per i fossili degli altipiani,
verso la terra degli Afariani.
Lì ti vidi e seppi di amare
la donna che saresti diventata.
 
E allora pregai la dea nera,
fianchi bruni che cullano il mondo.
Siete divisi da troppe stagioni
non si può – disse – la legge non vuole.
Hai solo una donna nella vita
da culla a tomba, di volto in volto
sono sempre io, dovresti saperlo.
La ritroverai con un’altra voce,
dimenticati il suo vero nome.
 
Ma io pregai fino a farmi del male
la sedussi con arte che ignoravo
di avere e le strappai il patto
terribile che sarei stato statua
pur di poterti amare un giorno.
Tutto questo viaggio l’ho fatto solo,
immobile qui, per te tesoro mio.
 
La dea ammonì che il tempo per me
non avrebbe ripreso e nel momento
in cui ti trovo ti perdo, resto indietro.
L’incontro dura l’intersezione
di una retta veloce con un punto,
tu devi andare e io sorrido
dietro presagio liquido di pianto.

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