Noi non siamo niente se non due visitatori convinti che, per entrare, basti forzare il passo nella porta girevole.
Non posso dirvi niente del cuore spaesato salvo e dolente dentro un bailamme di caverne, dell’animo che tace,
Congediamoci amica ci hanno illuse. —La poesia è bellezza– Ma quale bellezza? Sono squarci di stomaco
Stanotte il profondo è più oscuro del buio. Si sente il canoro sussurro dell’erba coperta di neve. Yule ti do il mio passato, tu
L’antica ferita del mondo vergata dal fuoco e dal freddo è anche la mia. Ogni capo chino è una freccia bendata
Era in effetti un panorama nero, sembrava bella quella falsa luce che faceva da pastello. Tu eri un ectoplasma e io un ramo ridente.
La notte è passata come passa sempre. Certe generosità di mani non servono più, non sono anzi servite.
Respingo ogni tuo vezzo da superbo… rifiuto la menzogna del biologico… Ma tu sei mano che punisce, saio che nasconde, sfregio che abbrutisce,
Non ci perforerà l’inganno, non ce ne pentiremo. Noi maturiamo ciliegie in una strana primavera. C’è il ronzio delle api
Nella piega accartocciata del non detto, il non so dirlo è polveriera di un silenzio-piombo. Nella forma embrionale
C’è un sasso a due ventricoli, ci siamo sedute ai suoi lati lanciando pietruzze come fossero dardi, dove l’onda affonda.
La nebbia solleva il velo tra la mia faccia e i davanzali. Le ombre si confondono, di me ride l’amore! La strada scivola,
Grazie per le mosche che senza posa ronzano, sul mio sudario vibrandomi i nervi. E per le mie pupille,
Di notte la mia eleganza si spinge tra le vezzose pieghe dell’aria. Ha una tale ferocia la mia bocca da farmi sollevare i calcagni liquidando la distanza
Dobbiamo ritornare poveri, scendere dai piedistalli, compiere atti umani, tornare ad usare le mani, nel buio avere coraggio,