È di nicchia– d’incerta presa,
non ha senso – un disvalore –
s’è mutata (folle pretesa) – è obsoleta,
il verso è dissoluta piaga – la poesia non paga.
Non si accettano florilegi!
È inutile fardello, biribara d’uggiosi luminari
pretestuosa metrica d’inamidate teste d’uovo. Quanta retorica, cosa pretende?
Non ha più voce.
Ormai non canta delle selve,
voragini di sterpi e di raminghi falchi,
della pioggia sulle spalle dei tagliaboschi,
di traudite oreadi – irrelato nume –
mal si concilia il sonno
con l’impeto che s’anima di parole -
poesia che nasce e muore
sotto gli occhi della gente -
confitto punto che non rivada accapo,
che non disperda inchiostri in minutaglia,
in esili rovelli di risicate gabbie.
Materia di librai annoiati -
s’ingrossano le discariche di stampati -
non riemerge dallo scrittoio
d’acquattati stampatori,
sotto cumuli di schiccherati avanzi
in un cantuccio giace la mole di faldoni.
Thea Matera ©