Colma il ramo il nevrile boccio,
sfagliano silicati aggrumi
le scorie di cordati,
si slega il mare dal tuo risveglio...
Conservi ancora il tulipano
la schianza di camelie,
il myosotis d’albe trascorse?
Sospettai del silenzio,
dei passi lunghi della sua ombra,
la nuvola ch’eravamo
si lacera nel morso della brezza;
e di lontano scorsi l’ansito
dell’occhio trepido,
dalla feritoia della tela
ad asciugare ciglia nelle dorsali graffe.
Oggi è blu il dilemma, grigio il ricordo,
zollósa è la ghiaia e la semenza,
del globo informe la bolla di sulfite.
Di quali risposte è colmo l’otre,
quali giorni di stridula veemenza
s’involano nei frontali di melassa?
Si prosciuga la falda desipiente
di congelate vele quadre
sulla maschera di marmo,
forse irremeabile lo zèugma
d’aghi di pino,
sulle rovine rimane ciò che duole,
ciò che di rami intirizziti
si torce verso la siepe.
È di crisopale la luna appesa
ad una ragnatela
nel dilucolo di cerchi d’acqua,
e dalla luce di misurate grolle
di bracciate nel blu di raso
s’avvivano nuovi fiori.
Thea Matera