2010
Una notte si fermerà la sveglia e per me sarà finita una foglia vive solo un’estate e nessuno la ricorda nel lavorio dei batteri
Si squarcerà lo Spazio resterà a guardare il Tempo in un angolo coprirà il grido con il sudario muto
Io scordarmi di te? La spia sotto il cappottino che attraversa trafelata il cortile del condominio oltre il diaframma della porta
Trecento milligrammi quattrocento, o niente. Polvere fine in capsule d’ostia o gocce benedette
Sull’eterna barriera la pantera ripeterà l’ispezione rituale che per sempre sarà la sua galera, pendolo di gioia buia e letale. Passano mille vite oltre le sbarre
Mi ricordo di averti seguita quel giorno nel cuore del caldo dietro i bambini che si rincorrono capelli neri, figura snella ad Ur, sul baluginio dei muri
Lo scorrere delle sbarre ha sfinit… lo sguardo, che non trattiene più… Come se il numero fosse infinito e oltre l’infinito, nessun present… La sua andatura potente e morbida
Ricordo i miei amici come erano allora i bambini che sono stati quando restammo sulla soglia dell’adolescenza
Chiusi, come le donne dei soldati aspettano, austeri monoliti lontani come volti di antenati osservano, esercito di statue, foglie di remoti sogni dispersi
Lasciati amare, Lesbia, e vivere e i commenti dei vecchi, invidiosi valgano le monete più misere. Giorni seguono giorni luminosi ma esaurito il nostro breve moment…
A chi dedico il nuovo libello, gioiello emendato d’ogni difetto? A te che eri solito, Cornelio, lodare queste mie cose da nulla, da quando solo sulla Penisola
Per distese di acque, di gente in… giungo qui al tuo mesto funerale per onorarti con l’ultimo dono e parlare alla tua cenere muta, fratello che la sorte mi ha già to…
Avevi dieci anni in vacanza con i tuoi tu di me non ti ricordi ma ero lì in Egitto di passaggio per i fossili degli altipiani, verso la terra degli Afariani.
Tra le circonvoluzioni di quel velluto morbido che diciamo tuttavia corteccia il tessuto deve aver ceduto
Sole, tu che illumini i giorni uma… Giunone, che sai del mio dolore, Ecate, che tormenti i sonni urbani… E voi Dire e dèi d’Elissa che muo… se sventura benevolenza vale,