Mi ricordo di averti seguita
quel giorno nel cuore del caldo
dietro i bambini che si rincorrono
capelli neri, figura snella
ad Ur, sul baluginio dei muri
quattromila anni fa come ora
indaffarata in qualcosa
ti infilavi in un uscio.
Ero lì tra i buoi candidi
pigre divinità ora estinte
in Mesopotamia da migliaia
di alluvioni ormai sepolta.
E sono sicuro di averti vista
in auto, un pomeriggio di pioggia
tante generazioni a venire
in città, su un pianeta lontano
intorno una stella senza nome
in un ramo della Galassia.
Spigolosa e tenera il volto
senza etnia della ragazza
e senza epoca, candida e nera.
Gli zigomi larghi di popolazioni
che inseguivano da Est migrazioni
epiche di ungulati narrano,
commerci seminando e guerre,
candidi altari e neri averni.
La fronte ampia preserva secoli
di matematica e filosofia
dei pascoli attici di Euclide.
Sono arabi i capelli neri,
gli occhi scuri eppur luminosi
hanno visto a nord del Ciad l’Africa,
il crollo delle mura di Cartago.
Sigilla storie anonime di amori
vissuti tra papi e soldati
nei vicoli di città operose
o anche nelle campagne immobili
del medioevo d’Europa, la bocca.
Un viso che racconta una storia,
quella dell’uomo: le luci epiche
e le tenebre di questa avventura
che è favolosa, candida e nera.