Finendo sempre nello stesso modo
il tempo è diventato rima,
un giorno o un altro
il corpo cantilena,
supplica e trema.
Neanche le stelle si congiungono
brillano da sole nella notte,
a distanze sicure.
Niente più costellazioni
né teatri, né musiche.
A raggiera la luce
fraziona una foglia
e prosegue a terra,
ondulando il riflesso
degli alberi fuori
in un mare di ombre.
Il vento non porta presagio
l’occhio si chiude accecato.
Dalla pelle sloggiano
microorganismi e orgasmi
da un altrove a un altro,
vanno.
La mente scarabocchia,
nel volteggiare delle ore,
pensieri ansiosi
e non desiste,
nell’afa estiva,
la dannazione.
Così il mio braccio
è diventato un ramo
e finalmente,
dopo tanto,
commetto
il sacrosanto crimine
di un abbraccio.