Guido Gozzano

Carolina di Savoia

Dopo un anno moriva quella che usciva sposa
da questa Reggia... Visse la vita d’una rosa:
un mattino! Bel fiore non sedicenne ancora
colto da mano ignota in sulla prima aurora!
 
“Principessa Maria Carolina Antonietta
di Savoia! Lo sposo da me scelto v’aspetta:
il Duca di Sassonia: Marcantonio Clemente.”
...Così parlava il padre, il Re, solennemente.
 
—Cognata Carolina – le disse quel mattino –
giunto è l’ambasciatore di Sassonia a Torino!
Verso il promesso sposo tra poco te ne andrai!
—Verso il promesso sposo? Non l’ho veduto mai! -
—Ha visto il tuo ritratto, hai visto il suo: ti piace? -
—Mi piace? È un po’ di tela dipinta, che tace...
Oh! sposerei ben meglio un umile artigiano
che il Duca di Sassonia– oimè– così lontano! -
—Un umile artigiano! Son miti le pretese!—
—Oh sposerei ben meglio un povero borghese!...—
—Un povero borghese! Cognata mia bizzosa!...—
E le adattava intanto la ghirlanda di sposa.
Le cameriere intente all’opra delicata
guardavano la bimba pensosa ed accorata.
—Duchessa di Sassonia! Se questo è il mio destino,
non rivedrò l’Italia, non rivedrò Torino!...
 
La Regina Maria, Re Vittorio Amedeo,
la Corte, il Clero, i Nobili aprivano il corteo.
Le carrozze di gala avanzavano lente
per Torino infiorata, tra la folla piangente.
 
—La Bela Carôlin (la folla la chiamava
così, familiarmente, la folla che l’amava!)
La Bela Carôlin ci lascia e va lontano!
Il Duca di Sassonia ha chiesto la sua mano!
L’Ambasciatore è giunto e se la porta via...
Nozze senza lo sposo! Oh! che malinconia! -
Malinconiche nozze ed allegrezze vane:
archi di fiori, canti, clangori di campane...
Mille mani plebee cercavano la stretta
della mano ducale, la mano prediletta...
—Ti segua il voto nostro! Ti benedica Iddio!—
Carolina piangeva a quel supremo addio.
La figlia dalla madre divisa fu – che pena! –
a viva forza, come si spezza una catena...
—Piangete cittadini, piangete il mio destino!
Non rivedrò mia madre, non rivedrò Torino!
 
Dopo un anno moriva quella che usciva sposa
da questa Reggia. Visse la vita d’una rosa:
un mattino! E si spense nel paese lontano
senza una mano amica nella piccola mano!
Oggi rivive. Il popolo che l’adorava tanto
la canta. E non è morto chi rivive nel canto!
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