Giovanni Boccaccio

Nascosi son gli spirti e l’ombre tolte

Nascosi son gli spirti e l’ombre tolte
di fronde agli albuscelli
dal poco amico inverno e da’ suo’ nati:
ma non senza cagion le 'ngiurie molte
fatte gli son da quelli
per dargli maggior merti e più onorati.
Ma s’io ben seguo gli amorosi stati,
di te è similitudo,
che con affanno e sudo
ha’ con Amor più tempo conversato.
Or è tolto l’usato,
poi che la iddea Pallas t’ha promesso,
Venus e Mars e Pallas dier concesso!
 
Hanti fatto principio grazioso
senza pigliar lunghezza
o altro tedio sopra tua procura.
Ben che i’ degno fosse a star nascoso,
tuo prudenza e bellezza
a me donato fu farne figura.
Ma ben ch’a me sia grave tal ventura,
per non disubbidire
all’amoroso Sire
con riverenza acconterò gli onori
che ciascuna di fuori,
in disparte, ti fer le dee amiche,
sì che onoralle possa in tuo rubriche.
 
Quella vezzosa dea Venus, sorella
ch’è del vago Piacere,
Amor ti porse, nella prima vista,
nel viso di colei, leggiadra e snella.
Sempre ti pare avere
colorata, nel cor, d’amor suo lista:
ben ch’io conosco in cui sempre s’attrista,
quando privasti il passo
col petto sodo e masso,
facendoli austrar piazinga terra,
sì che virtù disserra,
ché, prima ch’ogni onor fatto le sia,
di tal donna t’ha fatto cortesia.
 
Invocar dee, come fervente amico
delle battaglie, Marte,
sì come provvedente a più ragione:
che comprese tuo mente, sì pudico,
che ti rogò le carte
di quella armata, senza far quistione:
non facendo d’alcuno altro menzione,
ma difinendo, spero,
che in istato sincero
verrai della tua donna per prodezza,
tra pel suo senno e per l’altrui mattezza.
 
Mostrò Pallade alla promessa grazia
fusse fervente e tosta,
con l’altre sue compagne, a farti onore.
Sì come imperial suo veste spazia,
e suo corona ha posta
sopra la vaga donna, ch’ha 'l tuo core.
Po’ l’usate ricchezze trasse fore
dal lor padrone antico,
ed a te, come amico,
ligittimolle, e tu il passo largisti
con vaghi color misti.
Questa beata dea nudritti a guisa
che sempre dei portar la sua divisa.
 
Dolce canzon, per cui suggetto stato
son notti e giorni alquanti,
vanne a colui, per cui mi ti fé servo.
Te gli offerrai sì come il più onorato,
e me a’ prossimanti
gli dona come amico col tuo verbo;
e dì che mi gli serbo
sì come amico in segreto e 'n palese,
qual fen le dee, che preson sue difese.

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