#ScrittoriItaliani
Senza di te un albero non sarebbe più un albero. Nulla senza di te sarebbe quello che è.
«Ma,» domandai (il vinaio si forbiva la bocca col pollice), «che ne è,» domandai… «di quel vecchio (alto, bell’uomo – un cappellaio,
Confine diceva il cartello cercai la dogana, non c’era non vidi dietro il cancello ombra di terra straniera.
L’occasione era bella. Volli sperare anch’io. Puntai in alto. Una stella o l’occhio (il gelo) di Dio?
Hanno rubato Dio. Il cielo è vuoto. Il ladro non è ancora stato (non lo sarà mai) arrestato
Aveva posato la sua lanterna sul prato. Aveva allargato le braccia. Tutto quel sole. Tutto
Le parole. Già. Dissolvono l’oggetto. Come la nebbia gli alberi, il fiume: il traghetto.
Ah, mio dio, Mio Dio, perché non esisti? Dio onnipotente, cerca (sfórzati)… almeno di esistere.
Fermi! Tanto non farete mai centro. La Bestia che cercate voi, voi ci siete dentro.
Chi avrebbe mai pensato, allora, di doverla incontrare un’alba (così sola e debole, e senza l’appoggio di una parola)
Mi sono risolto. Mi sono voltato indietro. Ho scorto uno per uno negli occhi i miei assassini.
Da sempre me ne sono accorto. La ragione è sempre dalla parte del torto.
Ho provato a parlare. Forse, ignoro la lingua. Tutte frasi sbagliate. Le risposte: sassate.
Un’idea mi frulla, scema come una rosa. Dopo di noi non c’è nulla. Nemmeno il nulla, che già sarebbe qualcosa.
Tutti riceviamo un dono. Poi, non ricordiamo più né da chi, né che sia. Soltanto ne conserviamo –pungente e senza condono –