#ScrittoriItaliani
Chi avrebbe mai pensato, allora, di doverla incontrare un’alba (così sola e debole, e senza l’appoggio di una parola)
Anima mia leggera, va’ a Livorno, ti prego. E con la tua candela timida, di nottetempo fa’ un giro; e, se n’hai il tempo,
Smettetela di tormentarvi. Se volete incontrarmi, cercatemi dove non mi trovo. Non so indicarvi altro luogo
Non uccidete il mare, la libellula, il vento. Non soffocate il lamento (il canto!) del lamantino. Il galagone, il pino:
Quanti se ne sono andati... Quanti. Che cosa resta. Nemmeno il soffio.
L’occasione era bella. Volli sperare anch’io. Puntai in alto. Una stella o l’occhio (il gelo) di Dio?
Sono tornato là dove non ero mai stato. Nulla, da come non fu, è mutato. Sul tavolo (sull’incerato a quadretti) ammezzato
Aveva posato la sua lanterna sul prato. Aveva allargato le braccia. Tutto quel sole. Tutto
Sta forse nel non essere l’immensità di Dio?
Hanno rubato Dio. Il cielo è vuoto. Il ladro non è ancora stato (non lo sarà mai) arrestato
Sono partiti tutti. Hanno spento la luce, chiuso la porta, e tutti (tutti) se ne sono andati uno dopo l’altro.
Per lei voglio rime chiare, usuali: in –are. Rime magari vietate, ma aperte: ventilate. Rime coi suoni fini
Non credo che questo sia il fischio del bracconiere. C’è troppa nebbia. Comunque (qui son le carte) finite voi la partita. Io
Andavo. Andavo. Cercavo dove poter sostare. Ero ormai sul discrimine. Dove finisce l’erba e comincia il mare.
Ah, mio dio, Mio Dio, perché non esisti? Dio onnipotente, cerca (sfórzati)… almeno di esistere.