Dalla raccolta "Pane al pane, vino al vino"© di Francesco D'Addino
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Sera, inerme e prigioniera calma e terrena rossastro padiglione ch’è sulla vita
Latrati di cani e un gracidar di rane, nell’aria putrida e malsana di acque melmose. Suoni antichi,
Sopra il crinale della montagna pian se scioglie la neve così morbida e bianca, rinvigorendo sorgenti chiare, quasi trasparenti.
Confidammo agli astri le nostre paure, e dèi ebbero pena dei nostri cuori malconci Rigidi i tendini,
Affiorar nel vespro vidi il ricord… e lo trasmutai in un sogno dalle più angeliche visioni fatte apposite per rassopir profondamente.
Voragini dentro ai pensieri, come fosse un tempo immutato. E di desideri possibili somiglianti al sogno,
Mano buona al tavolo del bar mi lascia incredulo vincere Svezzando sogni trascinati all’ alba
Udendo il vento sperai suggerisse la vita, mutilai il dolore in piccole gocce
Se scavassi nel mio cuore troveresti il tuo nome come una ferita non rimarginata. Il tempo è
Brev’ assai le febbri folli quand’ il cor vagò fra mari e colli in un dì ove l’ amor si stracciò nelle pieghe del più funesto sogno…
Salimmo fra vertigini fino alla fine del mondo, e a fuoco marchiammo le anime e i cuori come se fossimo stati
GANGE La nera farfalla coprì gli occhi alla notte e divenni inchiostro al margine del foglio
Sul ritmo suggerito dal cuore si riempiono pentagrammi di sentim… Così puri e pacifici, da somigliare al sogno più tranqui…
Corrente di fiume silenziosa abbraccia la benvenuta sera, e nelle acque così chiare piano spegne il giorno
Cercheremo ancora albe dentro ad ogni orizzonte, e berremo le buie notti per leggerne il loro fondo nelle tazze da tè di un dio