Le 17, l’ora della Pieve e del rintocco di campane, brunite, terse all’aria,
Sequenze di natura Fasciano i campi, tracciano le rocce, ne sposano le vette spinte
L’Astronomia è il passatempo dei villani, aleggia grata al sole di collina come canto di gallina
Ciao Neve! Grembo d’infinito sospeso manto bianco e indefinito tra il seme della terra,
Follia sulla riga di una lacrima Follia sulla riga di una lacrima, spergiuro sangue sparso con disprezzo
tra le rocce scure, intarsiano ricami come sagome
Vecchi! Siamo uno scalino del futuro, e ci riguardate come un’anta,
Gli Archi de Roma, da tempio di storia a inno de malinconia, sepolte memorie e frettolose scene
Ritmi di chiaro scuro, il lampo di un faro e la punta su un calamaio liberano un segnale raro,
Sfilavano come stelle o fiocchi di neve, sublimi ed inerti, madidi e avvolgenti, mentre
Campane, rintocchi di vespri paesani, di tramonti
Vivi il tempo della morte Vedi il tempo della morte battere in ogni cadenza vivilo, tracciane ogni sequenza;
Il Treno di Piatra Neamt Fischia e s’allontana, come rintocco di campana il segnale del treno che si sfuma
Ammiro le copertine dei libri, prefisso, palcoscenico di misteriose rivelazioni, del fascino che emerge tra le pagine sfogliate
Visti dal cielo, siamo abbastanza storti, stolti, goffi, corti, deviati e contorti. Siamo affannati,