“CHI sei tu, che non par donna mortale,
di tanta grazia il ciel t’adorna e dota?
perchè non posi? e erchèa’ piedi hai l’ ale?”
“Io son l’ Occasïone, a pochi nota;
e la cagion che sempre mi travagli
è perchè io tengo un piè sopra una rota.
Volar non è ch’ al mio correr s’ agguagli;
e però l’ ale a’ piedi mi mantengo,
acciò nel corso mio ciascuno abbagli.
Gli sparsi miei capei dinanzi io tengo;
con essi mi ricopro il pette e ’l volto,
perch’ un non mi conosca quando io vengo.
Dietro dal capo ogni capel m’ è tolto,
onde in van si affatica un, se gli avviene
ch’ io l’ abbia trapassato, o s’ io mi volto.”
“Dimmi: chi è colei che teco viene?”
“È Penitenza; e però nota e intendi:
chi non sa prender me, costei ritiene.
E tu, mentre parlando il tempo spendi,
occupato da molti pensier vani,
già non t’ avvedi, lasso! e non comprendi
com’ io ti son fuggita tra le mani!”