C’è un sasso a due ventricoli,
ci siamo sedute ai suoi lati
lanciando pietruzze
come fossero dardi,
dove l’onda affonda.
In quella fiamma d’orizzonte tu
vedi un’alba di osceno dolore
e ti aggrappi al parapetto
delle tue ginocchia.
Hai gli occhi freddi come cantine,
anche l’aria fatica a entrare.
Io mi mordo le labbra
affinché si comportino bene
che le mie dita stiano ferme
e la mia lingua solo parli
—e sottilmente.
All’orizzonte c’è un disastro viola
ma quando ogni tanto mi guardi,
le mie ciglia si ricamano di fiori
nell’incanto di rame
che ci avvolge.