Una crisalide svelta e sottile
quasi monile
pende sospesa dalla cimasa
della mia casa.
Salgo talora sull’abbaino
per contemplarla
e guardo e interrogo quell’esserino
che non mi parla:
O prigioniero delle tue bende
pendulo e solo,
soffri? il tuo cuore sente che attende
l’ora del volo?
Tu ti profili dal tetto antico
sui cieli pallidi...
No, non temere: sono l’amico
delle crisalidi!
No, non temere l’orride stragi
care una volta:
mi dan rimorso gli anni malvagi
della raccolta.
Papili Arginnidi Vanesse Pieridi
Satiri Esperidi:
contemplo triste con la mia musa
la tomba chiusa.
Dormono in pace tutte le morte
sotto il cristallo;
fra tutte domina la sfinge forte
dal teschio giallo.
O prigioniero delle tue bende
pendulo e solo
soffri? Il tuo cuore sente che attende
l’ora del volo?
Ti riconosco. Profilo aguzzo,
dorso crostaceo
irto, brunito, con qualche spruzzo
madreperlaceo:
sei la crisalide d’una Vanessa:
la Policlora
che vola a Maggio. Maggio s’appressa,
tra poco è l’ora!
Tra poco l’ospite della mia casa
sarà lontana;
penderà vota dalla cimasa
la spoglia vana.
Andrai perfetta dove ti porta
l’alba fiorita;
e sarà come tu fossi morta
per altra vita.
L’ale! Si muoia, per che morendo,
sogno mortale,
s’appaghi alfine questo tremendo
sforzo dell’ale!
L’ale! Sull’ale l’uomo sopito,
sopravvissuto,
attinga i cieli dell’Infinito,
dell’Assoluto...
E tu che canti fisso nel sole,
mio cuore ansante,
e tu non credi quelle parole
che disse Dante?