Dante and Beatrice, by Henry Holiday
Guido Gozzano

Dante

Un giorno, al chiuso, il pedagogo fiacco
m’impose la sciattezza del comento
alternato alla presa di tabacco.
 
Mi rammento la classe, mi rammento
la scolaresca muta che si tedia
al commentare lento sonnolento;
 
rivedo sobbalzare sulla sedia
il buon maestro, per uno scolaro
che s’addormenta su di te, Comedia!
 
Attento! Attento!– Ah! più dolce sognare
con la gota premuta al frontispizio
e l’occhio intento alle finestre chiare!
 
Ad ora ad ora un alito propizio
alitava un effluvio di ginestre
sul comento retorico e fittizio.
 
La Primavera, l’esule campestre,
conturbava la gran pace scolastica
pel vano azzurro delle due finestre.
 
Io fissavo gli attrezzi di ginnastica,
gli olmi gemmati, l’infinito azzurro
in non so che perplessità fantastica;
 
e tendevo l’orecchio ad un sussurro,
ad un garrito di sperdute gaie,
in alto in alto in alto, nell’azzurro.
 
Guizzavano, da presso, l’operaie
affacendate in paglia in creta in piume,
riattando le case alle grondaie...
 
Con gli occhi abbarbagliati da quel lume
primaverile, mi chinavo stracco,
ripremevo la gota sul volume.
 
E riudivo il pedagogo fiacco
alternare alla chiosa d’ogni verso
la consueta presa di tabacco...
 
Ah! non al chiuso, ma nel cielo terso,
nel fiato novo dell’antica madre,
nella profondità dell’universo,
 
nell’Infinito mi parlavi, o Padre!
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