#ScrittoriItaliani
Un semplice dato: Dio non s’è nascosto. Dio si è suicidato.
Imbrogliare le carte, far perdere la partita. È il compito del poeta? Lo scopo della sua vita.
Sei donna di marine, donna che apre riviere. L’aria delle mattine bianche è la tua aria di sale e sono vele
Per lei voglio rime chiare, usuali: in –are. Rime magari vietate, ma aperte: ventilate. Rime coi suoni fini
Sono partiti tutti. Hanno spento la luce, chiuso la porta, e tutti (tutti) se ne sono andati uno dopo l’altro.
Genova mia città intera. Geranio. Polveriera. Genova di ferro e aria, mia lavagna, arenaria. Genova città pulita.
Non uccidete il mare, la libellula, il vento. Non soffocate il lamento (il canto!) del lamantino. Il galagone, il pino:
L’occasione era bella. Volli sperare anch’io. Puntai in alto. Una stella o l’occhio (il gelo) di Dio?
Chi avrebbe mai pensato, allora, di doverla incontrare un’alba (così sola e debole, e senza l’appoggio di una parola)
Anima mia leggera, va’ a Livorno, ti prego. E con la tua candela timida, di nottetempo fa’ un giro; e, se n’hai il tempo,
Un’idea mi frulla, scema come una rosa. Dopo di noi non c’è nulla. Nemmeno il nulla, che già sarebbe qualcosa.
Sta forse nel non essere l’immensità di Dio?
Tutti riceviamo un dono. Poi, non ricordiamo più né da chi, né che sia. Soltanto ne conserviamo –pungente e senza condono –
Fermi! Tanto non farete mai centro. La Bestia che cercate voi, voi ci siete dentro.
Sono tornato là dove non ero mai stato. Nulla, da come non fu, è mutato. Sul tavolo (sull’incerato a quadretti) ammezzato