#ScrittoriItaliani
Da sempre me ne sono accorto. La ragione è sempre dalla parte del torto.
Andavo. Andavo. Cercavo dove poter sostare. Ero ormai sul discrimine. Dove finisce l’erba e comincia il mare.
Quanti se ne sono andati... Quanti. Che cosa resta. Nemmeno il soffio.
Sono tornato là dove non ero mai stato. Nulla, da come non fu, è mutato. Sul tavolo (sull’incerato a quadretti) ammezzato
Così di rado l’ho visto e, sempre, così di sfuggita. Una volta, o m’è parso, fu in uno dei più bui cantoni d’un bar, al porto.
«Ma,» domandai (il vinaio si forbiva la bocca col pollice), «che ne è,» domandai… «di quel vecchio (alto, bell’uomo – un cappellaio,
Sei donna di marine, donna che apre riviere. L’aria delle mattine bianche è la tua aria di sale e sono vele
Anima mia leggera, va’ a Livorno, ti prego. E con la tua candela timida, di nottetempo fa’ un giro; e, se n’hai il tempo,
Senza di te un albero non sarebbe più un albero. Nulla senza di te sarebbe quello che è.
Tutti i luoghi che ho visto, che ho visitato ora so – ne son certo: non ci sono mai stato
Se non dovessi tornare, sappiate che non sono mai partito. Il mio viaggiare È stato tutto un restare
Amici, credo che sia meglio per me cominciare a tirar giù la valigia. Anche se non so bene l’ora d’arrivo, e neppure
Per lei voglio rime chiare, usuali: in –are. Rime magari vietate, ma aperte: ventilate. Rime coi suoni fini
Genova mia città intera. Geranio. Polveriera. Genova di ferro e aria, mia lavagna, arenaria. Genova città pulita.
Mi sono risolto. Mi sono voltato indietro. Ho scorto uno per uno negli occhi i miei assassini.