Christian Collu

Di getto

Le mie inclinazioni all’infinito
Le aspirazioni alle oscurità
Dove si muovono le conoscenze
Di cui vorrei farti dono
Sono le mie mani protese
Verso le altezze dove vorrei carpire
Tutte le scienze
Per poterti rendere felice.
Sono il giocoliere delle parole
Intesso trame fantasiose
Per poterti immaginare sorridente
E compiaciuta nelle distanze abissali
Che separano i nostri desideri opposti.
Mi chiedo cosa sia accaduto
Il tempo s’è fermato all’abbandono
E l’abbandono stesso è stato travisato.
Ora torno a specchiemi
Nella molteplicità dei miei umori
Sento la necessità di minimizzare
Ridurmi all’essenzialità dell’esistenza.
Vorrei andare ben oltre a questo
Vorrei annullare la radice stessa del divenire,
Ma senza destare pereoccupazioni in te
Sensi di colpa che non meriti
Perché tu mi hai insegnato la vita
Ed io ho fatto il passo avventato
Di non credermi all’altezza di un compito
Che per gli altri è soltanto una risposta senza domanda.
Forse lo chiamerai
L’ultimo puerile mio ricatto esistenziale:
O la gioia o la fine.
So di essere sotto il controllo
Di un’imperfetta tecnica
E scambio la cura per la cessazione della libertà.
Ognuno dovrebbe essere libero
Di perdonarsi o non farlo
Di alleggerire il suo fardello
O andare nella direzione opposta, con falso coraggio, con romantica incoscienza.
Perdonami se ti costringo all’ostinazione
Delle mie scelte non negoziabili,
Io ti scambio per la matrice prima
La porta che trasmigra sulle gravità della materia.
Nella mia idealità esasperata
Non comprendo quanto male sappia fare
Nel non riuscire a cogliere le tue frustrazioni
La tua debole umanità tanto simile alla mia.
Perché questa è la nostra unica vicinanza
Questa la condivisione che non sappiamo
Rivelarci con le mani e le labbra
Con la tenera sensualità del contatto dei nostri corpi:
Siamo soli, tu in compagnia, io nei frammenti variegati degli sbalzi d’umore, ma siamo soli.
L’unica cosa che ci lega
È la nostra umanità troppo paurosa
Di un incontro che sappiamo pericoloso.
Ci riconosciamo solo nella consapevolezza di ciò.
Non possiamo che tenerci compagnia
Negli echi di silenzi lontani
L’ impeto attenuato della passione
Prigionieri in memorie che sempre restano incompiute, irealizzate
Come un monologo con chi non è più.
Il funerale dell’innamoramento
Ha portato al nulla tra di noi.
Chiedo consulenza negli occhi degli altri
Mi specchio alla tenue luce lunare
Cerco di attenuare un dolore
Che neanche il tempo sa curare.
Un passo più lungo della gamba
Conduce al fallimento dell’opera
Compiuta nel periodo della non maturità.
La vera cura
È guarire dal male
Di credere realizzabile un sogno impossibile.

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