Ada Negri

Vedova

Vedova triste che silente stai
Nel tuo gramo tugurio affumicato,
E cuci, e cuci, e non riposi mai
Presso il letto del tuo figlio malato;
 
Che su la faccia scolorita e mesta
D’un antico dolor serbi le impronte,
E sei tanto infelice e tanto onesta,
Vedi, vorrei baciarti sulla fronte.
 
De la finestra tua sul davanzale
Un geranio vermiglio s’incolora.
T’oppresse il fato, e pur tu serbi l’ale;
Hai tanto pianto, e pur tu speri ancora.
 
Ch’io m’inginocchi presso te: m’apprendi
La virtù che sopporta e che perdona:
Tu che l’odio e il livor mai non comprendi,
Benedicimi, o grande, o vera, o buona.
 
Mai come qui con più commossa mente
Io ricordai mia madre—e dentro il core
Mi penetrò la fiera e pazïente
Dignità del dolore.

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