Una zingara snella in vesti rosse
Mi toccò in fronte con un dito, e rise.
Un tremito mi scosse.
Ella disse: «Tu porti un marchio in fronte,
Inciso in forma di bizzarra croce.
Tu porti un marchio in fronte.
Degli anni tuoi nel fortunoso giro
Sempre l’avrai con te—poi che l’impresse
Il morso d’un vampiro.
Ei della vita tua la miglior parte
Avido succhia, e il fuoco di tue vene;
E quel vampiro è l’Arte.
Nelle tue veglie solitarie, oh, quante,
Quante volte esso venne al tuo guanciale,
Famelico e guatante!...
Tu d’Apollo nascesti al vieto regno;
Ma in questo secol bottegaio e tristo
È un delitto l’ingegno.
Su, denuda nel verso prepotente
Le vive piaghe del tuo cor; sul viso
Ti riderà la gente.
Ricca di gioventù sana e dorata.
Libra un inno d’amore; e ti diranno
Fantastica e spostata.
Critici e sofi con insulti vani
T’inseguiran come lupi la preda
Per mangiarsela a brani;
Ma cancellar quel marchio invan vorrai,
Favilla di pensier più il non si spegne,
Più mai, più mai, più mai....»
*
Disse. E, proterva ne la rossa vesta,
Ritta dinanzi a me, parve il destino.
.... Ed io curvai la testa.