Anima stanca, andiam dunque in Letizia
per le strade e le piazze, oggi ch’è festa.
Le piccole operaje han tutte in testa
un fiore, e in bocca un riso di delizia.
Ridono al sol d’Autunno che riversa
carezze d’oro sugli ippocastani,
ai davanzali rossi di geranî,
alla gente che passa, all’aria tersa.
Non sei dunque tu pure un’operaja
che agucchia sulla tela il suo destino?...
Oggi con esse mettiti in cammino,
cantando qualche canzonetta gaja.
Le campane del vespro han le parole
di pace che in lontani tempi udivi;
quando, fanciulla ancor, pei verdi clivi
del sogno errasti a cogliere viole.
È così dolce vivere il momento
felice, con ingenua contentezza!...
Chi te lo toglie, il filtro di bellezza
che adesso bevi come bevi il vento?...
Lo so: giostra, fanfara, lotteria,
le arancie a un soldo, il ballo popolare....
Tutto questo, lo so, forse è volgare.
.... Sta fra i semplici il gaudio, anima mia!...
Nessuno mai ti darà gioja come
l’agil popolo tuo ch’è sì fanciullo
nell’amore, nell’odio e nel trastullo,
nè chiede, per sorriderti, il tuo nome!...
Segui la giovinetta che s’oblia
nel passo, a fianco del suo forte amante,
e gli s’appoggia, flessile, allacciante,
susurrando una tenera follia:
va come il fiume verso la sua foce:
va come il sogno verso la sua stella:
fatti ogni giorno una bontà novella,
anima stanca, e canta fin che hai voce!...