Maria Scerrato

Terramadre

Non c’è porto o spiaggia
su cui possa approdare,
nel tornare naufrago alla riva.
Non ci sono scogli su cui infrangermi,
e rivivere come spuma che si rinnova nell’urto.
Dietro le spalle, il mare,
per andare incontro a ruvide vette
e rotonde colline,
allettanti come un seno
confuso in una nebbia di latte.
È la speranza
di un abbraccio di fronde d’ulivo,
un tuffo nelle messi mature,
la folle ebbrezza del vino.
Conforto al ritorno dell’esule
sono i giorni uguali, successione di catena,
la noia di provincia è un rustico spleen.
Dai giorni del mito
il sussurro del vento
modula il tifo da stadio dell’oggi;
il clamore dei combattenti antichi
è solo schiamazzo di supporter;
e il ruggito delle fiere,
urla nella sirena di una fabbrica.
Polvere di stelle è sabbia impastata al cemento.
 
da Sassi, corolle e mutevoli colori

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