Grazie per le mosche
che senza posa ronzano,
sul mio sudario
vibrandomi i nervi.
E per le mie pupille,
che vive ti guardavano,
plasmate a roccia bianca,
ospiti di serpi.
Per le tenebre,
per i rumori,
per le fiamme,
per la presenza evaporata,
per l’assenza, la noncuranza,
l’amarezza, la freddezza
(non è mai carezza).
C’è una renna sgozzata,
una paranoica clessidra,
dove ridemmo,
dove mangiammo,
dove bevemmo ci spogliammo,
c'è una scollatura adesso.
Ho trovato il
“dove cazzo sei?”
di poema bianco
e ovunque lo riverso
dove mi passi dentro.
Mi lasci un pergolato di sospetto,
tu un marchio a fuoco,
io un abisso.
Niente più àncora o petalo,
ma incendio
che schianta il vetro
e lo conficca a fondo,
affondo, nella mia pelle.
Dove cazzo sei
Dove cazzo sei
Dove cazzo sei.