Guido Gozzano

La via del rifugio

Trenta quaranta,
tutto il Mondo canta
canta lo gallo
risponde la gallina...
 
Socchiusi gli occhi, sto
supino nel trifoglio,
e vedo un quatrifoglio
che non raccoglierò.
 
Madama Colombina
s’affaccia alla finestra
con tre colombe in testa:
passan tre fanti...
 
Belle come la bella
vostra mammina, come
il vostro caro nome,
bimbe di mia sorella!
 
...su tre cavalli bianchi:
bianca la sella
bianca la donzella
bianco il palafreno...
 
Ne fare il giro a tondo
estraggono le sorti.
(I bei capelli corti
come caschetto biondo
 
rifulgono nel sole.)
Estraggono a chi tocca
la sorte, in filastrocca
segnado le parole.
 
Socchiudo gli occhi, estranio
ai casi della vita.
Sento fra le mie dita
la forma del mio cranio...
 
Ma dunque esisto! O Strano!
vive tra il Tutto e il Niente
questa cosa vivente
detta guidogozzano!
 
Resupino sull’erba
(ho detto che non voglio
raccorti, o quatrifoglio)
non penso a che mi serba
 
la Vita. Oh la carezza
dell’erba! Non agogno
cha la virtù del sogno:
l’inconsapevolezza.
 
Bimbe di mia sorella,
e voi, senza sapere
cantate al mio piacere
la sua favola bella.
 
Sognare! Oh quella dolce
Madama Colombina
protesa alla finestra
con tre colombe in testa!
 
Sognare. Oh quei tre fanti
su tre cavalli bianchi:
bianca la sella,
bianca la donzella!
 
Chi fu l’anima sazia
che tolse da un affresco
o da un missale il fresco
sogno di tanta grazia?
 
A quanti bimbi morti
passò di bocca in bocca
la bella filastrocca
signora delle sorti?
 
Da trecent’anni, forse,
da quattrocento e più
si canta questo canto
al gioco del cucù.
 
Socchiusi gli occhi, sto
supino nel trifoglio,
e vedo un quatrifoglio
che non raccoglierò.
 
L’aruspice mi segue
con l’occhio d’una donna...
Ancora si prosegue
il canto che m’assonna.
 
Colomba colombita
Madama non resiste,
discende giù seguita
da venti cameriste,
 
fior d’aglio e fior d’aliso,
chi tocca e chi non tocca...
La bella filastrocca
si spezza d’improvviso.
 
“Una farfalla!” "Dài!
Dài!"– Scendon pel sentiere
le tre bimbe leggere
come paggetti gai.
 
Una Vanessa Io
nera come il carbone
aleggia in larghe rote
sul prato solatio,
 
ed ebra par che vada.
Poi – ecco – si risolve
e ratta sulla polvere
si posa della strada.
 
Sandra, Simona, Pina
silenziose a lato
mettonsile in agguato
lungh’essa la cortina.
 
Belle come la bella
vostra mammina, come
il vostro caro nome
bimbe di mia sorella!
 
Or la Vanessa aperta
indugia e abbassa l’ali
volgendo le sue frali
piccole antenne all’erta.
 
Ma prima la Simona
avanza, ed il cappello
toglie ed il braccio snello
protende e la persona.
 
Poi con pupille intente
il colpo che non falla
cala sulla farfalla
rapidissimamente.
 
“Presa!” Ecco lo squillo
della vittoria. "Aiuto!
È tutta di velluto:
Oh datemi uno spillo!”
 
“Che non ti sfugga, zitta!”
S’adempie la condanna
terribile; s’affanna
la vittima trafitta.
 
Bellissima. D’inchiostro
l’ali, senza rintocchi,
avvivate dagli occhi
d’un favoloso mostro.
 
“Non vuol morire!” “Lesta!
ché soffre ed ho rimorso!
Trapassale la testa!
Ripungila sul dorso!”
 
Non vuol morire! Oh strazio
d’insetto! Oh mole immensa
di dolore che addensa
il Tempo nello Spazio!
 
A che destino ignoto
si soffre? Va dispersa
la lacrima che versa
l’Umanità nel vuoto?
 
Colombina colombita
Madama non resiste:
discende giù seguita
da venti cameriste...
 
Sognare! Il sogno allenta
la mente che prosegue:
s’adagia nelle tregue
l’anima sonnolenta,
 
siccome quell’antico
brahamino del Pattarsy
che per racconsolarsi
si fissa l’umbilico.
 
Socchiudo gli occhi, estranio
ai casi della vita;
sento fra le mie dita
la forma del mio cranio.
 
Verrà da sé la cosa
vera chiamata Morte:
che giova ansimar forte
per l’erta faticosa?
 
Trenta quaranta
tutto il Mondo canta
canta lo gallo
canta la gallina...
 
La Vita? Un gioco affatto
degno di vituperio,
se si mantenga intatto
un qualche desiderio.
 
Un desiderio? sto
supino nel trifoglio
e vedo un quatrifoglio
che non raccoglierò.
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