Guido Gozzano

La culla vuota

(Una madre giovinetta veglia sulla grande
culla velata, accompagnando il dondolìo della
mano col ritmo del canto.)

Ninna-nanna, bimbo mio!
Ninna-nanna, dolce Re!
Mentre Mamma pensa a Dio,
c’è il buon Dio che pensa a te!
Quando tu nascesti venne
la Madonna a contemplare,
si fermarono le penne
dei Cherùbi ad adorare!
E nel cielo fu la Stella
e s’udirono parole
e più fulgido fu il Sole
e la Terra fu più bella!
Ninna-nanna, pupo biondo,
Ninna-nanna, dolce Re!
Non si trova in tutto il mondo
pupo bello come te!...
 
(Solleva i veli della culla vuota.
La fruga. Balza in piedi, indietreggia
barcollando: poi passa le mani sul volto
atterrito, quasi per sentirsi ben viva.)
 
Vuota è la culla... È vero od è menzogna?
Menzogna atroce, incubo fugace!
Togli al martirio il cuore di chi sogna!
 
(Giunge la voce della Morte invisibile.
Prima fioca e remota, indi più cruda e
distinta.)
 
LA MORTE INVISIBILE
 
Sogno non è! Non incubo fugace.
Tuo figlio non è più! Ma datti pace!
Ma datti pace! Non lagnarti forte,
non ti lagnare a voce così sciolta,
va il tuo lamento, ma nessun l’ascolta.
Povera donna taci! È cosa stolta
cercar d’opporsi a me che son la Morte!
 
LA MADRE
 
Oh! voce roca, funebre sul vento
sei tu, la Morte? che m’hai tolto il figlio?
Ah! L’odo urlare, urlare di spavento,
bianco lo vedo com’è bianco un giglio,
un giglio chiuso dall’ossuto artiglio...
 
(Breve silenzio. Il volto di lei è
come quello di una demente.)
 
No! Non è vero! È il mio vaneggiamento...
 
LA MORTE
 
Non è vaneggiamento! Il bimbo giace
sotto la terra ancor molle e smossa
ma l’alba nuova sorge e si compiace
d’educar fiori su l’angusta fossa
e l’anima innocente s’è già mossa
verso le stelle per l’eterna pace!
 
LA MADRE
 
O Morte, dammi l’angioletto biondo
che tu celasti nella terra oscura;
l’abisso dove giace è troppo fondo
la pietra che lo copre è troppo dura;
scampalo, Morte, dalla sepoltura,
poi manda in sepoltura tutto il mondo!
 
LA MORTE
 
Ti rendo il figlio, o donna, ma rammenta
che ti sarà martirio l’avvenire.
 
LA MADRE
 
Soffrir pel figlio mio! Non mi spaventa
l’ammonimento ch’io dovrò soffrire;
per veder vivo lui vorrei morire
e nel morire riderei contenta!
 
LA MORTE
 
Ti rendo il figlio, o donna, ma t’avverto
che gli scorre il delitto entro le vene!
l’occhio avrà torvo, il cuor di frode esperto...
 
LA MADRE
 
Rendimi il figlio! So che mi conviene
col buon consiglio di condurlo al bene,
farne un cuor saggio ed uno sguardo aperto.
 
LA MORTE
 
Il figlio tuo ti verrà reso, ma
non ti scordare mai di questo giorno;
egli dormiva già felice là
donde nessuno fece mai ritorno.
Donna, è ben meglio il funebre soggiorno,
meglio la pace dell’eternità.
 
LA MADRE
 
Io ti ringrazio, o Morte! Infine il povero
figliolo mio torna alle mie braccia;
su questo seno troverà ricovero,
su questo seno celerà la faccia,
e farà il bene sotto la minaccia
dell’amoroso tenero rimprovero...
 
LA MORTE
 
Io te lo rendo, ma non tarderai
a lacerarti il cuor dallo sconforto.
Mi supplicavi, o donna, e t’ascoltai.
Ti feci lieta, ma per tempo corto;
e un giorno tu dirai: fosse pur morto
e non si fosse ridestato mai.
 
LA MADRE
 
Perché, perché codesto tuo parlare,
s’egli sarà per sempre a me vicino?
Se ogni mattin lo guiderò all’altare,
se foggerò più bello il suo destino?
 
LA MORTE
 
Appena il braccio sarà forte al remo
lascerà la sua madre e il casolare;
dalla deserta riva sentiremo
dì e notte, notte e giorno il tuo gridare;
e forse un giorno lancerai sul mare
invano, invano il tuo lamento estremo.
Ed egli dove il cielo di turchese
scende nell’onda, ove s’estingue il sole,
rimpiangerà il minuscolo paese,
rimpiangerà le tue buone parole.
E griderà nell’anima che duole;
griderà: Morte! Con me sii cortese!
Chiederà morte! E appagherò mie brame
non lui sopendo sopra un letto molle,
tra dolci preci e candide corolle...
Morrà sul palco, infamia del reame,
morrà sul palco. Maleoprando volle
rendersi degno della morte infame!
 
(La madre si copre con le mani il volto disfatto
dalla visione spaventosa.)
 
Io te lo rendo. Ma tu sappi ancora...
 
LA MADRE
 
(con un brivido d’orrore) No! taci! taci!
 
(La madre s’accascia; con un moto d’orrore cre–
scente si fa difesa con le braccia, come sotto
una percossa. Lungo silenzio. Poi alza il volto
trasfigurata.)
 
No! taci! taci! non mi dir più nulla!
Non mi ridire ciò che m’addolora...
 
LA MORTE
 
Io te lo rendo. Ma tu sappi ancora...
 
LA MADRE
 
Lasciami sola sopra questa culla
a piangere quest’anima fanciulla
che tramontò nel sorger dell’aurora!
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