Loreto impagliato e il busto d’Alfieri, di Napoleone,
i fiori in cornice (le buone cose di pessimo gusto!)
il caminetto un po’ tetro, le scatole senza confetti,
i frutti di marmo protetti dalle campane di vetro,
un qualche raro balocco, gli scrigni fatti di valve,
gli oggetti con mònito, salve, ricordo, le noci di cocco,
Venezia ritratta a musaici, gli acquerelli un po’ scialbi,
le stampe, i cofani, gli albi dipinti d’anemoni arcaici,
le tele di Massimo d’Azeglio, le miniature,
i dagherottipi: figure sognanti in perplessità,
il gran lampadario vetusto che pende a mezzo il salone
e immilla nel quarto le buone cose di pessimo gusto,
il cùcu dell’ore che canta, le sedie parate a damasco
chermisi... rinasco, rinasco del mille ottocento cinquanta!
I fratellini alla sala quest’oggi non possono accedere
che cauti (hanno tolte le federe ai mobili: è giorno di gala)
ma quelli v’irrompono in frotta. È giunta è giunta in vacanza
la grande sorella Speranza con la compagna Carlotta.
Ha diciassette anni la Nonna! Carlotta quasi lo stesso:
da poco hanno avuto il permesso d’aggiungere un cerchio alla gonna;
il cerchio ampissimo increspa la gonna a rose turchine:
più snella da la crinoline emerge la vita di vespa.
Entrambe hanno uno scialle ad arancie, a fiori, a uccelli, a ghirlande:
divisi i capelli in due bande scendenti a mezzo le guance.
Son giunte da Mantova senza stanchezza al Lago Maggiore
sebbene quattordici ore viaggiassero in diligenza.
Han fatto l’esame più egregio di tutta la classe. Che affanno
passato terribile! Hanno lasciato per sempre il collegio.
O Belgirate tranquilla! La sala dà sul giardino:
fra i tronchi diritti scintilla lo specchio del Lago turchino.
Silenzio, bambini! Le amiche – bambini, fate pian piano! –
le amiche provano al piano un fascio di musiche antiche:
motivi un poco artefatti nel secentismo fronzuto
di Arcangelo del Leuto e di Alessandro Scarlatti;
innamorati dispersi, gementi il “core” e “l’augello”,
languori del Giordanello in dolci bruttissimi versi:
...caro mio ben
credimi almen,
senza di te
languisce il cor!
il tuo fedel
sospira ognor
cessa crudel
tanto rigor!
Carlotta canta, Speranza suona. Dolce e fiorita
si schiude alla breve romanza di mille promesse la vita.
O musica, lieve sussurro! E già nell’animo ascoso
d’ognuna sorride lo sposo promesso: il Principe Azzurro,
lo sposo dei sogni sognati... O margherite in collegio
sfogliate per sortilegio sui teneri versi del Prati!
Giungeva lo Zio, signore virtuoso di molto riguardo,
ligio al Passato al Lombardo-Veneto e all’Imperatore.
Giungeva la Zia, ben degna consorte, molto dabbene,
ligia al Passato sebbene amante del Re di Sardegna.
“Baciate la mano alli Zii!”– dicevano il Babbo e la Mamma,
e alzavano il volto di fiamma ai piccolini restii.
“E questa è l’amica in vacanza: madamigella Carlotta
Capenna: l’alunna più dotta, l’amica più cara a Speranza.”
“Ma bene... ma bene... ma bene...”– diceva gesuitico e tardo
lo Zio di molto riguardo– “Ma bene... ma bene... ma bene...
Capenna? Conobbi un Arturo Capenna... Capenna... Capenna...
Sicuro! Alla Corte di Vienna! Sicuro... sicuro... sicuro...”
“Gradiscono un po’ di marsala?” “Signora Sorella: magari.”
E sulle poltrone di gala sedevano in bei conversari.
“...ma la Brambilla non seppe...– È pingue già per lErnani;
la Scala non ha più soprani...– Che vena quel Verdi... Giuseppe!...
“...nel marzo avremo un lavoro– alla Fenice, m’han detto -
nuovissimo: il Rigoletto; si parla d’un capolavoro. -
”...azzurri si portano o grigi?– E questi orecchini! Che bei
rubini! E questi cammei?... La gran novità di Parigi...
“...Radetzki? Ma che! L’armistizio... la pace, la pace che regna...
Quel giovine Re di Sardegna è uomo di molto giudizio! -
“È certo uno spirito insonne...– ...è forte e vigile e scaltro.
“È bello?– Non bello: tutt’altro...– Gli piacciono molto le donne...
“Speranza!” (chinavansi piano, in tono un po’ sibillino)
“Carlotta! Scendete in giardino: andate a giuocare al volano!”
Allora le amiche serene lasciavano con un perfetto
inchino di molto rispetto gli Zii molto dabbene.
Oimè! Ché giocando, un volano, troppo respinto all’assalto,
non più ridiscese dall’alto dei rami d’un ippocastano!
S’inchinano sui balaustri le amiche e guardano il Lago,
sognando l’amore presago nei loro bei sogni trilustri.
“...se tu vedessi che bei denti!– Quant’anni?– Vent’otto.
—Poeta? Frequenta il salotto della Contessa Maffei!”
Non vuole morire, non langue il giorno. S’accende più ancora
di porpora: come un’aurora stigmatizzata si sangue;
si spenge infine, ma lento. I monti s’abbrunano in coro:
il Sole si sveste dell’oro, la Luna si veste d’argento.
Romantica Luna fra un nimbo leggero, che baci le chiome
dei pioppi arcata siccome un sopracciglio di bimbo,
il sogno di tutto un passato nella tua curva s’accampa:
non sorta sei da una stampa del Novelliere Illustrato?
Vedesti le case deserte di Parisina la bella
non forse? Non forse sei quella amata dal giovane Werther?
“...Mah!... Sogni di là da venire.– Il Lago s’è fatto più denso
di stelle – ...che pensi?... – Non penso...– Ti piacerebbe morire?
“Sì!– Pare che il cielo riveli più stelle nell’acqua e più lustri.
Inchìnati sui balaustri: sognano così fra due cieli...
“Son come sospesa: mi libro nell’alto!...– Conosce Mazzini...
—E l’ami?– Che versi divini!... Fu lui a donarmi quel libro,
ricordi? che narra siccome amando senza fortuna
un tale si uccida per una: per una che aveva il mio nome.”
Carlotta! Nome non fine, ma dolce! Che come l’essenze
risusciti le diligenze, lo scialle, le crinoline...
O amica di Nonna conosco le aiuole per ove leggesti
i casi di Jacopo mesti nel tenero libro del Foscolo.
Ti fisso nell’albo con tanta tristezza, ov’è di tuo pugno
la data: vent’otto di Giugno del mille ottocento cinquanta.
Stai come rapita in un cantico; lo sguardo al cielo profondo,
e l’indice al labbro, secondo l’atteggiamento romantico.
Quel giorno – malinconia! – vestivi un abito rosa
per farti – novissima cosa! – ritrarre in fotografia...
Ma te non rivedo nel fiore, o amica di Nonna! Ove sei
o sola che – forse – potrei amare, amare d’amore?