Giuseppe Giusti

IL Dies Irae

Dies iræ! è morto Cecco;
Gli è venuto il tiro secco;
Ci levò l’incomodo.
 
Un ribelle mal di petto
Te lo messe al cataletto:
Sia laudato il medico.
 
È di moda: fino il male
La pretende a liberale:
Vanità del secolo!
 
Tutti i Principi reali
E l’Altezze Imperïali,
L’Eccellenze eccetera,
 
Abbruniscono i cappelli:
Il Balì Samminiatelli
15Bela il panegirico,
 
Già la Corte, il Ministero,
Il soldato, il birro, il clero,
Manda il morto al diavolo.
 
Liberali del momento,
Per un altro giuramento
Tutti sono all’ordine.
 
Alle cene, ai desinari
(Oh che birbe!) i Carbonari
Ruttan inni e brindisi.
 
Godi, o povero Polacco;
Un amico del Cosacco
Sconta le tue lacrime.
 
Quest’è ito; al rimanente
Toccherà qualche accidente:
Dio non paga il sabbato.
 
Ma lo Scita inospitale
Pianta l’occhio al funerale
Sitibondo ed avido,
 
Come iena del deserto
Annosando a gozzo aperto
Il fratel cadavere.
 
Veglia il Prusso e fa la spia,
E sospirano il Messia
L’Elba, il Reno e l’Odera.
 
Rompe il Tago con Pirene
Le cattoliche catene,
Brucia i frati e gongola.
 
Sir John Bull propagatore
Delle macchine a vapore
Manda i tory a rotoli.
 
Il Chiappini si dispera,
E grattandosi la pera
Pensa a Carlo Decimo.
 
Ride Italia al caso reo,
E dall’Alpi a Lilibeo
I suoi re si purgano.
 
Non temete; lo stivale
Non può mettersi in gambale;
Dorme il calzolajo.
 
Ma silenzio! odo il cannone:
Non è nulla: altro padrone!
Habemus Pontificem.

1835

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