#ScrittoriItaliani
La sera siedo su questo sasso, e aspetto. Aspetto non so che cosa, ma aspett… Il sonno. La morte direi, se anch… da un pezzo – già non se ne fosse…
Anima mia leggera, va’ a Livorno, ti prego. E con la tua candela timida, di nottetempo fa’ un giro; e, se n’hai il tempo,
Aveva posato la sua lanterna sul prato. Aveva allargato le braccia. Tutto quel sole. Tutto
Ricordo una chiesa antica, romita, nell’ora in cui l’aria s’arancia e si scheggia ogni voce sotto l’arcata del cielo.
Il vento... È rimasto il vento. Un vento lasco, raso terra, e il f… (quel foglio di giornale) che il v… muove su e giù sul grigio dell’asfalto. Il vento
Chi avrebbe mai pensato, allora, di doverla incontrare un’alba (così sola e debole, e senza l’appoggio di una parola)
Le parole. Già. Dissolvono l’oggetto. Come la nebbia gli alberi, il fiume: il traghetto.
Tutti riceviamo un dono. Poi, non ricordiamo più né da chi, né che sia. Soltanto ne conserviamo –pungente e senza condono –
Non uccidete il mare, la libellula, il vento. Non soffocate il lamento (il canto!) del lamantino. Il galagone, il pino:
Andavo. Andavo. Cercavo dove poter sostare. Ero ormai sul discrimine. Dove finisce l’erba e comincia il mare.
Quanti se ne sono andati... Quanti. Che cosa resta. Nemmeno il soffio.
Non è arrivato nessuno. Tutti sono scesi. Uno (l’ultimo) s’è soffermato un attimo, il volto nel lampo
«Ma,» domandai (il vinaio si forbiva la bocca col pollice), «che ne è,» domandai… «di quel vecchio (alto, bell’uomo – un cappellaio,
Ho provato a parlare. Forse, ignoro la lingua. Tutte frasi sbagliate. Le risposte: sassate.
Se non dovessi tornare, sappiate che non sono mai partito. Il mio viaggiare È stato tutto un restare