Franco Buffoni

Le lingue delle madri

Da tre anni qui a Roma ho un compagno
Turco, di etnia curda.
Comunista, torturato in galera,
Conosce gli uomini e la vita divora, quando può.
Qui a pranzo da me in giorno di Ramadan
Mangiò di tutto e con buon appetito.
Poi non so come fu ma gli chiesi
Di mamma e fratelli, di casa.
Li sente una volta al mese, quasi sempre chiamando lui:
“Ieri sera ha chiamato mia madre,
Per dirmi di non mangiare di giorno e di pregare”.
E tu perché mangi? Perché ho fame.
Poi facemmo l’amore molto bene
E alle tre tornò ridendo a monte
Testaccio dai compagni.
 
Quella sera da solo a letto lessi Gwyneth Lewis
Che nel Cyfweliad a’r Bardd
—L’interrogatorio della poetessa -
Ricorda le sue letture di ragazza:
Leggevo storie di scrittori inglesi
Nascoste tra le copertine gallesi.
Funzionò per un po’, finché la mamma
Trovò Dick Francis dentro il Bardd Cwsg
Una sera dopo il tempio. Fui sgridata,
Picchiata. Era una donna pura:
Una lingua per tutta la vita.
 
Non doveva imparare l’inglese Gwyneth Lewis
Perché la mamma voleva il suo bene.
Ricordo che il venerdì santo
Non perché avessi fame
—In casa mia non si digiunava
Ma si osservava il magro– mi comprai
Un etto di prosciutto crudo
E lo mangiai ai giardini. Fui avvistato e la mamma
Ne ebbe tanto dispiacere:
Perché fai queste cose? Non vuoi bene a Gesù?
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