Dalla raccolta "Crisalidi, amnesie di un giorno all'imbrunire" © di Francesco D'Addino.
Per i campi della campagna è giunta l’ alba e canta il gallo in equilibrio su di un palo Erge il capo, l’anziano contadino
Brev’ assai le febbri folli quand’ il cor vagò fra mari e colli in un dì ove l’ amor si stracciò nelle pieghe del più funesto sogno…
Udendo il vento sperai suggerisse la vita, mutilai il dolore in piccole gocce
Ricordo in me dolce, al tempo più giovane ch’ allietò il vispo cuor nei giorni di maggio ad ogni sogno d’ oro.
Dalla panchina nel viale sorgere han veduto infinite albe, quei cento e più occhi che ora saranno stelle
Latrati di cani e un gracidar di rane, nell’aria putrida e malsana di acque melmose. Suoni antichi,
Raccoglierò dal cuore i frammenti di speranza, e nella notte coperta di stelle cercherò ancora i tuoi occhi Lapislazzuli chiari di sogni
Corteo di passi silenziosi in un autunno che striscia le foglie e le fila di genti a nero vestita
Leggeremo al sole versi di Neruda e ci rinfrancheranno lo spirito dagli oblii.
Dolce Venere dalla pelle olivastra e dagli occhi bruni da cerbiatta fan il cuor sospirar
Nei meandri più bui, urtai l’ultimo sogno. Le porte si chiusero sul mondo, lasciando il tenue raggio nullo nella sua presenza.
Ombra gracile ai piedi miei telai d’ ombrelli e abiti smessi figure di megere
Scoppia il cuore in un pallido giorno, quando il ricordo generato dal ven… ancora di tanto in tanto ritorna È l’ amore fanciullo
Voragini dentro ai pensieri, come fosse un tempo immutato. E di desideri possibili somiglianti al sogno,