Ada Negri

Suor Nazarena

Oggi venni a trovar Suor Nazarena
che sempre ride così dolcemente
col suo riso ove manca qualche dente
e pure ha tanta nobiltà serena;
 
e che pare una bimba sotto il bianco
soggòlo, curva un poco, un po’ rugosa.
Io non conosco più soave cosa
della sua voce, pel mio cuore stanco.
 
Ella mi disse: «Sono pochi i fiori
nell’orto!... Ottobre ce li porta via
tutti!... V’è qualche rosa tuttavia,
ma i crisantemi sono in boccio ancora.»
 
Nel piccolo orto c’era odor di bosso
amaro, odor di pace e di convento.
Squillava una campana, alta nel vento,
dalla chiesetta candida di Mosso.
 
Singhiozzare volevo: «Io soffro. O buona,
aiutatemi voi. Venni per questo.
Come se me l’avessero calpesto
il cor mi duole, e fede m’abbandona:
 
mi sferzan tutta, carne anima vene,
le passïoni con ardor selvaggio,
ed io sento che vano è il mio coraggio,
sento la morte o la follia che viene....
 
Toccate quanta arsura ho nelle mani,
guardate quante fiamme ho dentro gli occhi.
Fate ch’io preghi, curva sui ginocchi,
come nei giorni placidi lontani!...»
 
.... Ma coglieva, tranquilla, le sue rose
d’Ottobre, accanto a me, Suor Nazarena.
Niuna fronte mi parve più serena
fra una ghirlanda di serene cose.
 
Travolgendo con sè memoria e sensi
con la Rinuncia su di lei l’Oblio
era passato. Ignuda e sacra in Dio,
stava siccome bimba che non pensi.
 
Così avvenne che il peso della vita
da me cadesse al par di guasto frutto:
e ogni senso d’angoscia fu distrutto,
ogni voce di pianto fu sopita,
 
quando, sorgendo fra i tumulti vani
del mio dolore e me, lenta mi pose
la Donna in mano un gran fascio di rose,
dicendo: «Tornerai?... Torna, domani....»

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