Sei tu, speranza che ristora, che dissolve gelidi doni d’antiche maglie e distilla il senno sulla luna, saliente sui foschi pini
Ti auguro di ritrovare la voce della Poesia dove il suono non sia frastuono, dove le parole s’assottigliano nel cigolio d’imposte,
Esiste un muto greto dove la notte scompare nel polverìo di un alambicco, dove il campo di papaveri disasconde la verbena,
il verso non trattenuto –irrespirato cielo– la parola non compresa, l’incauta scritta in gromme di cemento; cosa rimane della poesia derisa, scostata, della poesia invenduta e le sue du...
È una Elle – scrivi UNO – a fine… sul filo di fumo greige di una Mur… màcina radici di parole, il nastro si ravvolge sulla rosa, il calligrafo sbadiglia
Il poeta rimesta luminanze plasma la parola e ne fa dono al torso avvinto, a chi ha dissolto l’iride nell’ombra del travaglio,
Hai toccato il fondo, rotondo, in coppe di ciliegie, si camuffa la piroga in un’ansa di barattiere, si stiracchia la nube di pirilla,
E ti sveli all’alba come d’incanto, emergi dall’assenza, dal cuneo cremisi della pietra angolare,
Marmo di bianchi querci, di algide inferriate sulle porte, voltizzano ceneriti rigoli di stucchi
Tra ruderi intatti e gusci bianchi di folte vigne fioriscono le crepe denudate, dissolvono le terminate rùggie. Nel ghiribizzo di magnolie,
Non guardi la bellezza che affolta svernate pólle, la postilla scritta in ombra della “Fantasia di Munari”, l’alchimia di silenzi
Non è la grazia intatta, l’ovale schiusa che dicono nei giardini di maniera, è piuttosto un affanno, un rossore che stinge
La città, vuota senza poesia, una finestra buia. Non s’infiora il prato, si smaga il verso,
Celi il tuo volto dietro ali di farfalla, la forma ovale, l’espiro greve, si colma l’occhio di lumini,
Un cane sta col muso allato, sull’ala pesta, sulla tua fitta piaga clina il petto,