Esser non può già ma’ che gli occhi santi
prendin de’ mie, com’io di lor, diletto,
rendendo al divo aspetto,
per dolci risi, amari e tristi pianti.
O fallace speranza degli amanti!
Com’esser può dissimile e dispari
l’infinita beltà, ’l superchio lume
da ogni mie costume,
che meco ardendo, non ardin del pari?
Fra duo volti diversi e sì contrari
s’adira e parte da l’un zoppo Amore;
né può far forza che di me gl’incresca,
quand’in un gentil core
entra di foco, e d’acqua par che n’esca.