Guido Gozzano

Le non godute

Desiderate più delle devote
che lasceremmo già senza rimpianti,
amiche alcune delle nostre amanti,
altre note per nome ed altre ignote
passano, ai nostri giorni, con il viso
seminascosto dal cappello enorme,
svegliando il desiderio che dorme
col baleno degli occhi e del sorriso.
 
E l’affanno sottile non ci lascia
tregua; ma più si intorbida e si affina
idealmente dentro la guaina
morbida della veste che le fascia...
Desiderate e non godute– ancora
nessuna prova ci deluse– alcune
serbano come una purezza immune
dalla folla che passa e che le sfiora.
 
Altre, consunte, taciturne, assorte
guardano e non sorridono: ma sembra
che la profferta delle belle membra
renda l’Amore simile alla Morte;
ardenti tutte d’una febbre e cieche
di vanità; biondissime, d’un biondo
oro, le cinge il pettine, secondo
l’antica foggia delle donne greche.
 
Per altre, il nodo greve dell’oscura
treccia è d’insostenibile tormento;
sembra che il collo, esile troppo, a stento,
sorregga il peso dell’acconciatura;
l’opera dei veleni in altre adempie
un prodigio purpureo: le chiome
splendono di riflessi senza nome
dilatandosi ai lati delle tempie...
 
Belle promesse inutili d’un bene
lusingatore della nostra brama,
quando una sola donna che non s’ama
c’incatena con tutte le catene;
quando ogni giorno l’anima delusa
sente che sfugge il meglio della vita,
come sfugge la sabbia tra le dita
stretta nel cavo della mano chiusa...
 
Le incontrammo dovunque: nelle sere
di teatro, alla luce che c’illude;
la bella curva delle spalle ignude
ci avvinse del suo magico potere;
e quando l’ombra si abbatté su loro
addensandosi cupa entro le file
dei palchi, il freddo lampo d’un monile
fu l’indice del duplice tesoro.
 
E le avemmo compagne, ma per brevi
ore, in vïaggi taciti, in ritorni,
le ritrovammo dopo pochi giorni
nei rifugi dell’Alpi, tra le nevi;
le ritrovammo sulla spiaggia, al mare,
dove la brama ci ferì più acuta:
ah! Per quella signora sconosciuta
ore insonni, nella notte, lungo il mare!...
 
Chi sono e dove vanno? Dove vanno
le crëature nomadi? Per quanti
anni, nel tempo, furono gli amanti
presi e delusi dall’eterno inganno?
Ah! Noi saremmo lieti d’un destino
impreveduto che ce le ponesse
a fianco, tristi e pellegrine anch’esse
nel nostro malinconico cammino.
 
Più d’un inganno lasciò largo posto
a più d’una ferita ancora viva...
Taluna – intatta – ci attirò furtiva
seco, ma per un utile nascosto;
altre, già quasi vinte, quasi dome,
nella nostra fiducia troppo inerte,
fantasticate quali prede certe,
furono salve, non sappiamo come...
 
Ed altre... Ma perché tanti ricordi
salgono dall’inutile passato?
Salgono col profumo del passato
da un cofanetto pieno di ricordi?
Ed ecco i segni, ecco le cose mute,
superstiti d’amori nuovi e vecchi,
lettere stinte, nastri, fiori secchi,
delle godute e delle non godute...
 
Desideri e stanchezze, indizi certi
d’un avvenire dedito all’ambascia
torbida che si schianta e che ci sfascia
rendendoci più tristi e più deserti...
Eppure, un giorno, questa febbre interna
parve svanire: quando ci si accorse,
tardi, di quella che sarebbe forse
per noi la sola vera amante eterna...
 
Tanto l’amammo per quel solo istante
ch’ella si volse pallida su noi
nell’offerta di un attimo, ma poi,
sparve, ella pure; sparve come tante
altre donne che passano, col viso
seminascosto dal cappello enorme
inasprendo la brama che non dorme
col baleno degli occhi e del sorriso...
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