#ScrittoriItaliani 1915 23 Cima Quattro dicembre il
Il cuore ha prodigato le lucciole s’è acceso e spento di verde in verde ho compitato Colle mie mani plasmo il suolo
Il carnato del cielo sveglia oasi al nomade d’amore
Dolce declina il sole. Dal giorno si distacca Un cielo troppo chiaro. Dirama solitudine Come da gran distanza
Migliaia d’uomini prima di me, ed anche più di me carichi d’anni, Mortalmene ferì Il lampo d’una bocca. Questo non è motivo
Chiuso fra cose mortali (Anche il cielo stellato finirà) Perché bramo Dio?
Sei comparsa al portone In un vestito rosso Per dirmi che sei fuoco Che consuma e riaccende. Una spina mi ha punto
E gli alberi e la notte non si muovono più Se non da nidi.
Di queste case non è rimasto che qualche brandello di muro Di tanti
Volti al travaglio come una qualsiasi fibra creata perché ci lamentiamo noi?
E subito riprende il viaggio come dopo il naufragio un superstite lupo di mare
Con fuoco d’occhi un nostalgico lu… Scorre la quiete nuda. Non trova che ombre di cielo sul g… Fondono serpi fatue e brevi viole.
Stella, mia unica stella, Nella povertà della notte, sola, Per me, solo rifulgi, Nella mia solitudine rifulgi; Ma, per me, stella
Nel molle giro di un sorriso ci sentiamo legare da un turbine di germogli di desiderio Ci vendemmia il sole Chiudiamo gli occhi
Calante malinconia lungo il corpo… al suo destino Calante notturno abbandono di corpi a pien’anima presi nel silenzio vasto
Tutto ho perduto dell’infanzia E non potrò mai più Smemorarmi in un grido. L’infanzia ho sotterrato Nel fondo delle notti