Giovanni Giudici

Giovanni Giudici

Giovanni Giudici (Porto Venere, 26 giugno 1924 – La Spezia, 24 maggio 2011) è stato un poeta e giornalista italiano.

Giovanni Giudici (Porto Venere, 26 giugno 1924 – La Spezia, 24 maggio 2011) è stato un poeta e giornalista italiano.

Cresciuto nel borgo marinaro di Le Grazie vicino a Porto Venere, è stato un aderente alla linea della poesia anti-novecentesca.

Biografia

Figlio di Gino Giudici, impiegato presso vari enti privati, e Alberta Giuseppina Portunato, maestra elementare nella scuola dell’isola Palmaria e poi in quella delle Grazie, il poeta è il quartogenito e l’unico sopravvissuto di cinque figli tutti morti poco dopo la nascita o al momento del parto.

Gli anni dell’infanzia e i primi studi

Alle Grazie, dove il nonno paterno, discendente da una famiglia di piccoli possidenti di Casale Marittimo (Pisa), esercita la professione di farmacista, abitano anche i nonni materni e Giovanni trascorre i primi anni dell’infanzia nel paese natio tra la casa dei genitori e quella dei nonni ricevendo dalla madre una seria educazione cattolica. La morte della madre, avvenuta l’8 novembre 1927 per una eclampsia da parto,  lascia in Giovanni una “voragine di privazione” che anziché colmarsi si allargherà col trascorrere degli anni.

Nel 1928, il padre Gino si risposa con Clotilte Carpena, dalla quale avrà cinque figli, e nel 1929 si trasferisce a Cadimare aumentando così la sofferenza di Giovanni che deve allontanarsi dalle Grazie e dai nonni. A Cadimare egli frequenta presso un Istituto di suore l’asilo e, avendogli il padre fatto saltare una classe, la seconda elementare, ma verso la fine degli anni trenta il padre si trasferisce con i suoi familiari alla Spezia e sarà questo un altro periodo difficile per Giovanni che risentirà della ristrettezza economica della famiglia e dei ricatti sentimentali ai quali lo sottopongono, pur a fin di bene, i nonni paterni e i parenti della madre che lo vorrebbero in affido.

Alle Grazie Giovanni riuscirà a tornare nel 1932 e a frequentare per due trimestri la quarta elementare fino a quando il padre Gino, impiegato presso l’Istituto ISTAT e in seguito al Ministero della guerra, si trasferisce, nel 1933, a Roma e, in attesa di un definitivo alloggio, colloca il figlio presso il Pontificio Collegio Pio X dove Giovanni rimane fino alla primavera del 1935 terminando la quinta elementare e la prima ginnasiale.

Durante l’estate però gli è concesso di trascorrere le vacanze alla Grazie presso le famiglie dei nonni e della zia materna Angela.

Gli studi superiori

Nel 1935, quando la famiglia ottiene l’assegnazione di un appartamento dell’Istituto Case Popolari, il padre gli fa lasciare il collegio ed egli prosegue gli studi presso l’Istituto Quinto Orazio Flacco a Monte Sacro.Risalgono a questo periodo i primi tentativi poetici tra i quali rimane un sonetto, ispirato al monumento che si trova sul piazzale di Porta Pia, intitolato Il bersagliere.

La famiglia intanto si trova sempre in gravi difficoltà economiche e Giovanni riceverà in dono i libri scolastici da alcune sue insegnanti tra le quali Letizia Falcone che diventerà in seguito nota ispanista e traduttrice di Cervantes e di Teresa di Lisieux. Scrive in questo periodo altri componimenti poetici, sempre in forma di sonetto, dedicati ad una compagna di scuola.

Risalgono a questo periodo le sue numerose letture extrascolastiche che, non avendo i mezzi per comprarsi i libri, compie prendendoli in prestito preso la Biblioteca comunale. Nel 1939 si iscrive al Liceo classico statale Giulio Cesare presso la sezione staccata di Monte Sacro e al termine della seconda liceo, con la media di otto decimi, può affrontare direttamente l’esame di maturità e per pagarsi le lezioni di matematica dà, a sua volta, lezioni di greco e latino.

L’università e i primi racconti

Su insistenza del padre, nel 1941, si iscrive alla facoltà di Medicina ma è attirato da quella di Lettere  dove si reca spesso ad ascoltare le lezioni. Proprio alla fine del 1941 risalgono i primi contatti con i militanti dell’antifascismo a Monte Sacro e in seguito, sempre più frequenti, quelli con i gruppi romani e del PCI.

Nella primavera del 1942 decide di cambiare il corso di studi e si iscrive alla Facoltà di Lettere dove frequenta i corsi di famosi maestri come Giulio Bertoni di Filologia romanza, Alfredo Schiaffini di Storia delle Lingue, Gino Funaioli di Letteratura latina, Natalino Sapegno di Letteratura italiana, Antonino Pagliaro di Glottologia, Giuseppe Cardinali di Storia romana, Pietro Paolo Trompeo di lingua e letteratura francese, Gennaro Perrotta di letteratura greca.

Si ampliano le sue conoscenze letterarie e le letture diventano più varie. Risale a questo periodo, come il poeta stesso ci racconta, le letture di Rilke e di Campana, la lettura assidua della rivista Primato di Bottai e stringe amicizia con un suo compagno di studi, Ottiero Ottieri.

Risalgono al 1943 i suoi primi racconti e un gruppo di poesie che gli vengono però rifiutate. Legge una poesia di Sereni sul settimanale Tempo edito da Mondadori e, sempre sullo stesso settimanale qualche poesia di Ungaretti, Quasimodo, Penna e Gatto.

Il periodo della guerra

Nel periodo della guerra, per non essere richiamato al servizio militare, trova rifugio presso la casa di un amico dove rimane nascosto e dopo l’8 settembre partecipa, all’interno del quartiere dove abita, all’attività clandestina del Partito d’Azione e fonda, insieme ad un gruppo, il giornale “La nostra lotta”.

Il 6 gennaio 1944 riesce ad entrare nella Guardia di Finanza della Città aperta di Roma dove presta servizio per sette mesi e il 4 giugno assiste alla presa di Roma da parte dell’esercito statunitense.

Riprende intanto gli studi interrotti e per aiutare finanziariamente la famiglia dà lezioni private. Conosce in questo periodo il sacerdote Ernesto Buonaiuti che era stato privato dell’insegnamento universitario per non aver voluto giurare fedeltà al regime fascista che gli offre di lavorare per qualche tempo per lui scrivendo a macchina sotto dettatura.

Risale al luglio del 1944 il racconto L’odore d’acetilene e verso la fine dell’anno trova lavoro come garzone di cucina presso la caserma della Royal Air Force inglese ma presto, dietro raccomandazione si inserisce al Ministero dell’interno e viene assegnato alla Questura di Roma dove lavora per un po’ di tempo all’ufficio stampa.

Pubblica nel frattempo, sulla rivista "1945" diretta dal Buonaiuti, due articoli sul pensiero di Charles Péguy e riesce, con i primi guadagni, ad acquistare Il Canzoniere di Saba.

Continua a cimentarsi con il racconto e scrive Il colore blu della morte, Uomini a gara oltre ad alcune poesie e il 1º agosto dibatte una tesi di laurea, con il relatore Pietro Paolo Trompeo, in Letteratura francese sul poeta francese Anatole France, anche se avrebbe desiderato lavorare su Charles Baudelaire, e prima della fine dell’anno entra a far parte del PSIUP come segretario del circolo giovanile di Monte Sacro.

Gli anni del dopoguerra

Nella primavera del 1946 riesce a trascorrere un periodo di vacanza a Monte Sacro che sente sempre di più essere il paese che maggiormente ama.

Cresce in lui, oltre il bisogno di poesia, il desiderio di mettere ordine nella sua vita, come avere un lavoro stabile, una famiglia e una casa, ma la sua situazione economica non glielo permette ancora.

Continua a svolgere attività politica nello PSIUP e comincia a compiere i primi viaggi a Milano e a Torino, dove fa diverse importanti conoscenze e sul numero speciale del 2 giugno di “Rivoluzione Socialista”, il supplemento settimanale dell’"Avanti!", esce la sua prima poesia edita dal titolo Compagno, qualche volta.

L’attività di giornalista

Inizia nel 1947 la sua attività di cronista presso il quotidiano "L’Umanità" di Roma, venendo assunto come giornalista professionista il 1º gennaio 1948, col ruolo di capocronista. Alla chiusura del giornale, il 31 luglio dello stesso anno, Giudici passa alla redazione de "L’Umanità" di Milano. Durante questo periodo conosce Mario Picchi con il quale stringe una salda amicizia.

Nel dicembre del 1947 ha l’occasione di ascoltare Thomas Stearns Eliot che legge i suoi versi nell’aula magna del Collegio Romano, avvenimento che lo riempie di entusiasmo.

Nel frattempo ottiene l’abilitazione all’insegnamento nella scuola media.

Nel 1949, grazie ad Alberto Frattini che aveva conosciuto ai tempi dell’università, riesce a pubblicare due liriche (Là dove gli angeli cantano, Sola caduta a infrangere)  e un articolo su Saba sulla rivista Accademia e il 14 settembre su Il cittadino. Settimanale dell’Italia socialista propone un’inchiesta che riguarda i viaggi all’estero degli italiani.

Negli anni collabora con vari giornali di sinistra, come l’Espresso, l’Unità e Rinascita.

Legge in questo periodo l’opera di Piero Jahier (Ragazzo), che conoscerà a Milano nel 1963, e ne rimane molto colpito.

Gli si offrono intanto tre proposte di lavoro, l’insegnamento in una scuola media di Velletri, l’assunzione nella redazione di “Paese Sera” e un impiego presso gli uffici romani dell’USIS (United States Information Service) che dipendono dall’ambasciata statunitense. Egli sceglie quest’ultimo, anche perché meglio retribuito, ed inizia l’attività come redattore del bollettino quotidiano da inviare ai vari giornali.

Opere

Fiorì d’improvviso, Roma, Edizioni del Canzoniere, 1953.
La stazione di Pisa e altre poesie, Urbino, Istituto Statale d’Arte, 1955.
L’intelligenza col nemico, Milano, All’insegna del pesce d’oro, 1957.
L’educazione cattolica (1962-1963), Milano, All’insegna del pesce d’oro, 1963.
La vita in versi, Milano, Mondadori, 1965.
Autobiologia, Milano, Mondadori, 1969.
O Beatrice, Milano, Mondadori, 1972.
Poesie scelte (1957-1974), a cura di Fernando Bandini, Milano, Mondadori, 1975.
Il male dei creditori, Milano, Mondadori, 1977.
Il ristorante dei morti, Milano, Mondadori, 1981.
Lume dei tuoi misteri, Milano, Mondadori, 1984.
Salutz (1984-1986), Torino, Einaudi, 1986.
Prove del teatro, Torino, Einaudi, 1989.
Frau Doktor, Milano, Mondadori, 1989.
Fortezza, Torino, Milano, Mondadori, 1990.
Poesie (1953-1990), Milano, Garzanti, 1991 (2 voll.).
Quanto spera di campare Giovanni, Milano, Garzanti, 1993.
Un poeta del golfo, a cura di Carlo Di Alesio, Milano, Longanesi, 1995.
Empie stelle, Milano, Garzanti, 1996.
Eresia della Sera, Milano, Garzanti, 1999.
I versi della vita, a cura di Rodolfo Zucco, Milano, Mondadori, 2000 (I Meridiani).
Dedicato ai pompieri di New York da 'Poesia’, 2001.
Da una soglia infinita. Prove e poesie 1983-2002, Casette d’Ete, Grafiche Fioroni, 2004.
Prove di vita in versi. Il primo Giudici da 'Istmi. Tracce di vita letteraria’, 2012.
Tutte le poesie, introduzione di Maurizio Cucchi, Milano, Mondadori, 2014.

Saggi

La letteratura verso Hiroshima e altri scritti (1959-1975), Roma, Editori Riuniti, 1976.
La dama non cercata. Poetica e letteratura (1968-1984), Milano, Mondadori, 1985.
Andare in Cina a piedi. Racconto sulla poesia, Roma, Edizioni e/o, 1992.
Per forza e per amore, Milano, Garzanti, 1996.

Traduzioni

Addio, proibito piangere e altri versi tradotti (1955-1980), Torino, Einaudi, 1982.
A una casa non sua. Nuovi versi tradotti (1955-1995), Milano, Mondadori, 1997.
Eugenio Onieghin di Aleksandr S. Puskin in versi italiani, Milano, Garzanti, 1999.
Vaga lingua strana. Dai versi tradotti, Milano, Garzanti, 2003.

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Collegamenti esterni

 Giovanni Giudici, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell’Enciclopedia Italiana.
 Pagina dedicata a Giovanni Giudici da Scrittori in corso, su scrittorincorso.net.
Rodolfo Zucco, Itinerari di Spina, in Atti di INCONTROTESTO. Ciclo di incontri su e con scrittori del Novecento e contemporanei, Siena, ottobre-novembre 2011, Pisa, Pacini editore, 2011, pp. 77–83.
Damiano Frasca, Vite ordinarie. Giudici e il crepuscolarismo, in Atti di INCONTROTESTO. Ciclo di incontri su e con scrittori del Novecento e contemporanei, Siena, ottobre-novembre 2011, Pisa, Pacini editore, 2011, pp. 85–91.

Riferimenti

Wikipedia – https://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Giudici




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