Dunque d`Europa nel servil destino
Tu il riso atroce e santo
O di Ferney signore, e, cittadino
Tu di Ginevra, il pianto
Messaggeri inviaste, onde gioioso
Abbatté poi Parigi
E la nera Bastiglia e il radioso
Scettro di san Luigi.
Dunque, tra ‘l ferro e ’l fuoco, al piano al monte,
cantando in fieri accenti,
Co’ piedi scalzi e la vittoria in fronte
E le bandiere a’ venti,
Vide il mondo passar le tue legioni,
O repubblica altera,
E spazzare a sé innanzi altari e troni,
Come fior la bufera;
Perché, su via di sangue e di tenèbre
Smarriti i figli tuoi
E mutata ad un’upupa funèbre
L’aquila de gli eroi,
Là ne colli sabini, esercitati
Dal piè de l’immortale
Storia, tu distendessi i neri agguati,
Masnadiera papale,
E, lui servendo che mentisce Iddio,
Francia, a le madri annose
Tu spegnessi i figliuoli et il desio
Di lor vita a le spose,
E noi per te di pianto e di rossore
Macchiassimo la guancia,
Noi cresciuti al tuo libero splendore,
Noi che t’amammo, o Francia?
Ahi lasso! ma de’ tuoi monti a l’aprico
Aer e nel chiostro ameno
Più non ti rivedrò, mio dolce amico,
Come al tempo sereno.
Per l’alpestre cammino io ti seguia;
E 'l tuo fucil di certi
Colpi il silenzio ad or ad or fería
De’ valloni deserti.
L’alta Roma io cantava in riva al fiume
Famoso a l’universo:
E il can latrando a le cadenti piume
Rompeva a mezzo il verso,
O a te accennando usciva impaziente
Fuor de la macchia bruna;
Or raspa su la tua fossa recente,
E piagnesi a la luna.
Squallidi or sono i monti: ma l’aprile
Roseo nel ciel natio
Tornerà, che doveva una gentile
Ghirlanda al tuo desio:
E in vece condurrà l’allegra schiera
De gli augelli in amore
Su l’erba ch’alta andrà crescendo e nera
Dal tuo giovenil core.
Perché i bei colli di vendemmia lieti,
Perché lasciasti, amico,
Sfuggendo a’ pianti de l’amor segreti
Sur un volto pudico?
Perché la madre tua lasciasti? Oh, quando
A mensa ella sedea,
Il tuo loco guardava, e lacrimando
Il viso rivolgea.
Madre, perdona. A un cenno tuo la testa,
La balda testa ei piega;
Ma il suo duce prigion bandí la gesta,
E la gran Roma prega.
Egli su’ trionfali archi diritta
Vide, nel ciel del Lazio,
Di Roma vide l’alta imago, afflitta
D’inverecondo strazio.
Ella che tien del nostro patto l’arca,
L’ara del nostro dritto;
Per cui Dante gemé, fremé il Petrarca,
E 'l Machiavelli ha scritto;
Austera e pia ne la materna faccia
Con lagrimoso ciglio
Lo riguardava, e gli tendea le braccia,
E gli diceva: O figlio.
Ed ei, questo predone (ascolta, o greggia
Turpe di schiavi, ascolta),
Questo predon cui l’Apennin verdeggia
Di lieti paschi e folta
Mèsse, questo feroce a cui nel core
Ridea queto un desire,
Per lei lasciava il suo solingo amore,
Per lei corse a morire.
Ed or ne’ luoghi, ove fra sé ristretta
È la gente de i morti
Per forza, e chiama a Dio la gran vendetta
Che il mondo riconforti,
Or co’ i caduti là nel giugno ardente
De l’alta Roma a fronte
E co’ i caduti nel decembre algente
De’ martiri su 'l monte
Parla, e Nemesi al suo ferreo registro
Guarda con muto orrore,
Parla di lui, del Cesare sinistro,
Del bieco imperatore.
Le madri intanto accusano ne’ pianti
Del viver tardo i fati
E con le man che gli addormian lattanti
Compongon gli occhi a’ nati,
In vece di ghirlande le fanciulle
Vestonsi i neri panni,
Mancan le vite a le aspettanti culle
Maledetti i tiranni!
Ma io per man torrommi questa madre
Vedova, questa sposa
Vedova; e, dove fra sue turbe ladre
Quel prete empio riposa,
E sogna d’armi e ad un selvaggio agguato
Pare che frema e rugga,
E su 'l capo gli penzola inchiodato
Gesù perché non fugga,
Là me n’andrò, là sorgerò, per vie
A tutt’altri secrete,
Come una larva del supremo die
Lento, e dirògli—O prete,
Godi. Di larga strage il breve impero
Empisti e le tue brame.
Trionfa nel tuo splendido San Piero,
vecchio prete infame.
Con le tremule palme al ciel levate
Canta—Osanna, Dio forte—:
L’organo manda per le volte aurate
Un rantolo di morte.
Quando al popol ti volgi, ed—Il Signore,
Mormori, sia con voi,—
Come adultera donna a l’amatore,
Guardi a gli sgherri tuoi.
Su le canne d’acciaio in mezzo a’ ceri
L’omicidio scintilla:
Tu ‘l vedi, e ’l gaudio vela di sinceri
Pianti la tua pupilla.
China su 'l pio mister che si consuma,
China il tuo viso tristo:
Di sangue, mira, il tuo calice fuma;
E non è quel di Cristo.
Ahi, d’italiche vene è sangue schietto,
Nobile sangue e caro!
E una stilla ve n’ha pur di quel petto
Che queste donne amaro;
Queste donne che dièro a’ tuoi decreti
Umile il cuor l’orecchio
Prono; e pregaron anche in lor secreti
Per te, feroce vecchio!
Io, per le grige chiome de la madre
E per le chiome bionde
De la sposa che sciolte or sotto l’adre
Pieghe un sol vel confonde;
Io, per Gesù che a gli uccisor compianse;
Io per le donne sante,
Maddalena che amò, Maria che pianse,
O vecchio sanguinante;
Te ch’oro e ferro e bronzo mendicando
Te ne vai per la terra,
Che gridi contro a la tua patria il bando
De l’universa guerra;
Te che il lor sangue chiedi con parole
Soavi a’ fidi tuoi,
Ed il sangue di chi re non ti vuole
Ferocemente vuoi;
Te da la pietà che piange e prega,
Te da l’amor che liete
Le creature ne la vita lega,
Io scomunico, o prete;
Te pontefice fosco del mistero
Vate di lutti e d’ire,
Io sacerdote de l’augusto vero,
Vate de l’avvenire.