Giosuè Carducci

Alla vittoria

Scuotesti, vergin divina, l’auspice
ala su gli elmi chini de i pèltasti,
poggiasti il ginocchio a lo scudo,
aspettanti con l’aste protese?
 
o pur volasti davanti l’aquile,
davanti i flutti de’ marsi militi,
co 'l miro fulgor respingendo
gli annitrenti cavalli de i Parti?
 
Raccolte or l’ali, sopra la galea
del vinto insisti fiera co 'l poplite,
qual nome di vittorïoso
capitano su 'l clipeo scrivendo?
 
È d’un arconte, che sovra i despoti
gloriò le sante leggi de’ liberi?
d’un consol, che il nome i confini
e il terror de l’impero distese?
 
Vorrei vederti su l’Alpi, splendida
fra le tempeste, bandir ne i secoli:
“O popoli, Italia qui giunse
vendicando il suo nome e il diritto.”
 
Ma Lidia intanto de i fiori ch’èduca
mesti l’ottobre da le macerie
romane t’elegge un pio serto,
e, ponendol soave al tuo piede,
 
—Che dunque – dice – pensasti, o vergine
cara, là sotto ne la terra umida
tanti anni? sentisti i cavalli
d’Alemagna su 'l greco tuo capo? -
 
—Sentii – risponde la diva, e folgora –
però ch’io sono la gloria ellenica,
io sono la forza del Lazio
traversante nel bronzo pe’ tempi.
 
Passâr l’etadi simili a i dodici
avvoltoi tristi che vide Romolo
e sursi “O Italia” annunziando
“i sepolti son teco e i tuoi numi!”
 
Lieta del fato Brescia raccolsemi,
Brescia la forte, Brescia la ferrea,
Brescia leonessa d’Italia
beverata nel sangue nemico.
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